“La decisione di imporre sanzioni alla Bielorussia arriva dopo la decisione del premier Lukashenko di mettere l’embargo sui prodotti alimentari made in Italy, al pari di quanto fatto nel 2014 dalla Russia”. E’ quanto afferma Coldiretti nel commentare l’annuncio della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, di nuove sanzioni contro la Bielorussia per complicità con l'aggressione militare all’Ucraina. Una decisione che segue di poco l’entrata in vigore il primo gennaio dell’embargo che include carni suine, bovine, una serie di sottoprodotti, insaccati, carne in salamoia, carne essiccata o affumicata, farina alimentare da carne o sottoprodotti della carne, latte e prodotti lattiero-caseari (con alcune eccezioni), verdure, frutta e noci, grassi e altri oli animali, salsicce e prodotti simili, dolciumi, sale e altro provenienti dall’Italia assieme agli altri Stati dell’Unione europea, Stati Uniti d’America, Canada, Norvegia, Albania, Islanda, Macedonia del Nord, Regno Unito e Irlanda del Nord, Montenegro e Svizzera. Si tratta di una decisione che mette a rischio le esportazioni di cibo e vino italiani in Bielorussia, che nel 2021 hanno raggiunto un valore complessivo di 36 milioni di euro, secondo una proiezione Coldiretti su dati Istat, con un aumento del 20% n rispetto allo scorso anno.
“L’embargo – denuncia Coldiretti – rischia di moltiplicare la produzione di falso made in Italy in un Paese che è già tra i più attivi “taroccatori” delle nostre specialità, dalla scamorza alla mozzarella, dalla provoletta fino al mascarpone, tanto da essere diventato tra i principali fornitori del mercato russo proprio dopo la scomparsa dei veri prodotti tricolori in seguito all’embargo scattato il 7 agosto 2014 con decreto del presidente Vladimir Putin e più volte rinnovato come ritorsione alla decisione dell’Unione europea di applicare sanzioni alla Russia per la guerra in Ucraina”.
Confagricoltura Emilia Romagna: la guerra è un duro colpo agli scambi commerciali
Unita alla preghiera per l’Ucraina e il suo popolo, anche Confagricoltura Emilia Romagna dice “fermate la guerra”. “In un momento così delicato il mondo dell’agroalimentare ha bisogno di supporto per contrastare l’effetto devastante di questa guerra. Le aziende agricole stanno vivendo una crisi di liquidità senza precedenti, aggravata dalla pandemia”, dichiara Marcello Bonvicini, presidente di Confagricoltura Emilia Romagna.
Preoccupano le incognite sull’export verso i due paesi in conflitto, l’impennata dei prezzi dell’energia, delle commodity e dei fertilizzanti minerali; più in generale l’interscambio commerciale è in tilt riducendo all’osso le forniture di materie prime base per mangimi e alimenti zootecnici (mais, soia e sorgo), le scorte di grano tenero, di olio di girasole e di colza ad uso alimentare.
Per Bonvicini è piena emergenza. Conti alla mano, “nei primi nove mesi del 2021 il valore delle esportazioni emiliano-romagnole di prodotti agricoli e alimentari verso Russia e Ucraina è stato complessivamente di 158 milioni”.
L’ulteriore allarme per l’agrifood regionale si aggiunge al danno economico già provocato dall’embargo russo – in vigore dal 2014 e mai cessato – su alcuni prodotti d’eccellenza del territorio quali salumi, formaggi e frutta. Ma i timori riguardano anche il flusso di merci in entrata dai due Paesi, per un giro d’affari complessivamente pari a 228 milioni di euro, sempre nei primi nove mesi del 2021 (fonte Unioncamere Emilia-Romagna). In particolare, l’Ucraina è su scala regionale tra i primi sette paesi fornitori di prodotti agroalimentari; occupa invece la 19esima posizione nella graduatoria nazionale.
Confagricoltura Emilia Romagna evidenzia le ripercussioni sulla tenuta socio-economica di filiere alimentari strategiche. Il presidente nazionale di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, chiede con forza “un piano di emergenza per il settore agroalimentare, coordinato dalla Commissione europea, per assicurare la continuità dei cicli produttivi e garantire i rifornimenti”.
Cai: i costi dei prodotti agricoli continuano a salire
“La prima settimana di guerra in Ucraina ha portato a un aumento dei costi dei prodotti agricoli pari al 13% per il grano tenero e al 29% per il mais a livello mondiale”. È quanto rileva Cai, Consorzi agrari d’Italia che ha elaborato un primo report in base ai dati del Matif di Parigi, borsa merci di riferimento internazionale insieme a Chicago.
In apertura, questa mattina, Parigi segna 20 euro in più a tonnellata per il grano tenero (+7%) e 30 in più per il mais (+10%). Rispetto alla chiusura di lunedì scorso, alla vigilia dell’attacco russo, il grano tenero è passato da 274 euro a tonnellata agli attuali 310 euro a tonnellata (+13%) mentre il mais è passato da 247 euro a tonnellata agli odierni 320 euro (+29%).
Secondo le stime di Consorzi agrari d’Italia il prezzo dei prodotti agricoli strettamente dipendenti dalle importazioni da Russia e Ucraina, come appunto mais e grano tenero, è destinato a salire ulteriormente, mentre al momento non si registrano variazioni sul grano duro, il cui prezzo risente soprattutto della mancata produzione in Canada e dei rincari dei costi di produzione.
Fonte: Coldiretti, Cia, Cai