29 settembre 2017

Gusto, passione e maniacalità. Ecco il Viaggiator Goloso

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“Cosa c’è da assaggiare oggi?”. “N’duja, crema di pistacchi e una pasta di semola”. Non siamo al’interno della redazione di un settimanale di cucina e neanche insieme alla brigata di uno chef intento a testare delle materie prime per nuovi piatti. A Vimodrone, nell’hinterland orientale di Milano, negli uffici dove lavora il team de Il Viaggiator Goloso, marchio e insegna dei prodotti premium del Gruppo Unes/U2, si lavora così.

È così, tutti i giorni in pausa pranzo. Testiamo e valutiamo le ricette. Non siamo, d’altronde, dei ragionieri del cibo. I prodotti vanno assagiati veramente, è illogico non farlo».

A spiegarci la filosofia VG è Roberto Comolli, deus ex machina di uno dei casi di maggior successo nel panorama italiano della grande distribuzione, certamente “controcorrente” per usare un fortunato termine che l’amministratore delegato del gruppo, il vulcanico Mario Gasbarrino, da sempre utilizza per descrivere lo spirito che anima questa piccola quanto esposta, mediaticamente parlando, insegna.

Uno dei segreti? La curiosità

In passato ha risollevato le sorti di un’insegna napoletana, Sole 365 – «salvare il posto di lavoro di molte persone, e quindi di intere famiglie, è stata l’esperienza più gratificante fino ad ora», poi ha seguito un progetto al Ministero dell’Agricoltura, contemporaneamente non si è fatto mancare anche l’insegnamento in Università. «Sono fondamentalmente curioso – dice di se Comolli -. Leggo tutto e studio tutto». E d’altronde la sua scrivania, ordinatamente disordinata, è la fedele fotografia di chi non sembra fermarsi mai, alla ricerca di nuovi stimoli, con il cibo sempre come baricentro di ogni scelta lavorativa. «Conoscere e sapere sono la vera ragione di vita, almeno per me, non riesco a farne a meno. Tu, per esempio, sai perché l’astice in natura è nero e poi durante la cottura diventa rosso?».

Quando arriva la chiamata in Unes per seguire il progetto il Viaggiator Goloso c’era la metà dei prodotti presenti oggi ed anche il ruolo di questo marchio era decisamente differente. Piano piano i prodotti VG da attore non protagonista diventano una sorta di “prima donna” all’interno del paniere delle referenze di Unes, poi la grande scommessa con i punti vendita. «Stiamo ancora mettendo a punto tutto. È ancora un progetto da raffinare» e probabilmente nel terzo negozio, che aprirà tra qualche mese sempre in provincia, l’asticella verrà portata ancora più in alto. «Stiamo dando al Viaggiator Goloso identità e carattere». Un ruolo fondamentale per raggiungere questi traguardi lo gioca il numero di referenze a marchio presenti in questi store, sorprendentemente alto anche per chi vi lavora tutti i giorni. «Nel nuovo negozio di Basiglio il 30% delle vendite è di prodotti a marchio VG. È una quota altissima, e stiamo parlando di un brand premium, non di uno di difesa».

Come Eataly? «No, noi siamo accessibili»

La filosofia di base è la ricerca di fornitori e prodotti qualitativamente più elevati rispetto alla media che solitamente si trova in grande distribuzione, cercando al tempo stesso di trovare un equilibrio con tutti gli altri fattori, prezzo incluso. «Anche se la prima cosa che guardo non è il prezzo». E come si fa?

La mia intolleranza alla mediocrità fa sì che non accetto quasi nulla che non sia all’interno del nostro decalogo».

I dieci comandamenti ai quali devono sottostare tutti coloro che lavorano al Viaggiator Goloso per ora non sono di dominio pubblico – «ma può essere che lo diventeranno» -, ma non si fa nulla per nascondere l’approccio maniacale, quasi dogmatico rispetto ad alcuni aspetti, che qui domina. La scritta che campeggia in ufficio – “Il Viaggiator Goloso non è un lavoro. È una fede” – non è casuale.

ViaggiatorGoloso_Uffici

Uffici de il Viaggiator Goloso

Chiunque può proporre di far entrare un prodotto nella lista VG, ma la prima cosa che deve fare è portarmi la lista degli ingredienti».

E, qui, quell’intolleranza alla mediocrità emerge in tutta la sua forza: una passione, quella di Comolli, che lo porta ad avere, nel caso di alcuni alimenti, una preparazione a metà strada tra quella di un critico enogastronomico e un tecnico alimentare di laboratorio più che di un buyer come siamo abituati ad immaginare di trovare in Gdo.

Non dev’essere facile proporsi come fornitore VG. «Non lo è. Noi cerchiamo di dare un prodotto organoletticamente molto buono, cerchiamo di trovare il prezzo giusto (non basso) e poi vogliamo una ricetta il più possibile pulita». Vale a dire? «Evitiamo ingredienti assolutamente ammessi per legge, ma che a noi piacciono poco perché magari alterano, anche lievemente, il sapore. Non li vogliamo. Il prerequisito, sempre, è che se non è buono non si fa come VG, indipendentemente dalle tendenze e mode del momento».

Il paragone con l’insegna di Oscar Farinetti, sotto molti punti vista, anche osservando i primi due store aperti, viene spontaneo. Non c’è il rischio di sembrare l’Eataly dei poveri? “No, al massimo l’Eataly accessibile. Ma ci sono differenze sostanziali tra noi e la creatura di Farinetti. Difficile da Eataly pensare di poter fare la spesa quotidianamente. Da noi, invece, anche se non sembra un supermercato, sì può”.

Ortofrutta, una sfida delicata. “Ma noi dobbiamo fare bene le cose difficili”

Ma questa filosofia è applicabile anche all’universo ortofrutta? «Indubbiamente frutta e verdura sono un settore delicato e difficile. C’è, ad esempio, il problema dei volumi legato alla maturazione della frutta. Il fruttivendolo sceglie cinque casse e sceglie, scartando prodotto per prodotto, il meglio in base alle sue esigenze. Quando devi comprare e controllare un bilico di merce è impossibile applicare questo modello ovviamente».

Sul fronte zuppe e piatti freschi pronti, dopo le prime referenze a marchio Viaggiator Goloso, l’area verrà ulteriormente rafforzata, ma un’operazione simile si può fare anche con la frutta fresca?

Certo! Il Viaggiator Goloso può entrare nel settore della frutta e verdura fresca, ma a differenza di altre merceologie può farlo in modo limitato nel tempo, quindi finché abbiamo la certezza di avere un certo standard, poi bisogna fermarsi».

Un esempio? «Il melone: esiste la tecnologia per avere con un’approssimazione molto alta la certezza che alcuni parametri, come ad esempio il grado brix, siano sempre di un livello elevato. Ovviamente saranno meloni molto più cari rispetto a quelli non marchiati VG. Ne venderemo pochi? Possibile, ma non mi interessa, quando mangi quel melone devi avere la certezza di una qualità elevatissima. Quando finiscono, stop». Una sfida non semplice. «È vero, l’ortofrutta è un progetto da sviluppare, da affrontare in modo differente e solo su determinati prodotti. Ma a me non interessa ottenere quote di mercato nell’ortofrutta a marchio VG. Se decidiamo di avventurarci nel fresco lo faremo cercando sfide difficili. Noi dobbiamo fare bene le cose difficili”.

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