18 giugno 2022

I consumi e la distribuzione: lo specchio del cambiamento

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Un evento che rappresenta un vero e proprio summit del food per il livello degli studi proposti e la partecipazione di numerosi manager dell'industria alimentare e insegne distributive, importanti esponenti politici, esperti di marketing, di alimentazione e sport. Parliamo della sesta edizione del Forum sul Food & Beverage in onda da ieri a Bormio (in provincia di Sondrio) e promosso da The European House – Ambrosetti.

La presentazione del position paper “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni”, che ha messo in luce numeri e fatti della filiera agroalimentare italiana, e l'urgenza di una vera (r)evoluzione verso la sostenibilità della stessa filiera sono stati i temi portanti della prima giornata del Forum.

Sei priorità per il rilancio

Sono sei le priorità per il rilancio della competitività della filiera agroalimentare italiana: favorire la sburocratizzazione del settore per lo sblocco degli investimenti e lo sfruttamento dei fondi Pnrr; sostenere e incentivare, anche fiscalmente, il consolidamento del settore food & beverage per incrementarne la competitività a livello internazionale; combattere il fenomeno dell'italian sounding e promuovere le esportazioni delle eccellenze nazionali; rafforzare le filiere made in Italy per ridurre la dipendenza dall'estero in un'epoca di continui shock esogeni, soprattutto per i settori agricoli con bilancia commerciale negativa; accelerare l'adozione di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici; implementare politiche di sensibilizzazione ed educazione alimentare nella patria della dieta mediterranea, a partire dalle giovani generazioni.

Position Paper

La filiera agroalimentare è voce portante dell'economia nazionale. È la prima per contributo al Pil nazionale con 65 miliardi di euro di valore aggiunto, genera un fatturato totale di 204,5 miliardi (+3,8% dal 2015), mentre oltreconfine nel 2021 l'export di prodotti agroalimentari ha segnato il record storico raggiungendo la soglia dei 50,1 miliardi (il 10,8% in più rispetto al 2020), permettendo alla bilancia commerciale di registrare un surplus pari a 3,3 miliardi.

Un settore, quindi, senza dubbio florido, ma non privo di criticità. Lo studio di The European House – Ambrosetti ne ha evidenziate alcune. Innanzitutto, malgrado il settore sia stato quello che nel 2020 ha mostrato maggiore resilienza nei confronti della pandemia (con perdita valore aggiunto dell'1,8%), è anche quello che nel 2021 è cresciuto meno degli altri principali comparti e, pur riportando una progressione del 6,2%, è riuscito a fare meglio solo dell'industria farmaceutica (+2,2%).

I consumi e la distribuzione: il punto di Pedroni e Avanzini

La pandemia globale, lo scoppio della guerra, l'impennata dell'inflazione, l'esplosione dei costi energetici e di logistica, l'interruzione di alcune filiere di approvvigionamento. Quali sono gli impatti di una situazione impensabile fino a poco tempo fa sui consumi?

Sono lo specchio del cambiamento che spinge a una riflessione anche sul futuro del retail a cui hanno partecipato importanti protagonisti della distribuzione moderna quali: Marco Pedroni, presidente di Coop e Adm-Associazione Distribuzione Moderna, e Francesco Avanzini, direttore generale di Conad.

MarcoPedroniCoop

“Siamo di fronte a un'inflazione cattiva, esogena, che impatta fortemente e in modo asimmetrico sui consumatori e sulle imprese – ha detto Pedroni – Il settore del largo consumo sarà sottoposto a una forte pressione per la contrazione dei consumi, che presumibilmente causerà squilibri importanti perché ci saranno imprese in grado di ricollocarsi mentre altre saranno costrette a difendersi. I costi stanno aumentando velocemente ed è facile prevedere un'inflazione su base annua superiore al 10%. Le imprese della distribuzione si trovano in uno straordinario cul de sac per la necessità di andare incontro le esigenze dei consumatori, calmierando i prezzi. Tuttavia – ha aggiunto il presidente di Coop – i comportamenti d'acquisto stanno già cambiando, all'insegna del nomadismo tra negozi o della scelta dei prodotti in base al prezzo. Auspico un intervento del Governo per difendere il potere d'acquisto intervenendo su cuneo fiscale e riducendo, almeno temporaneamente, l'Iva“.

FrancescoAvanzini_Conad

Francesco Avanzini, dg di Conad, ha invece sottolineato come “ci troviamo in una situazione molto complessa che probabilmente diventerà strutturale di medio periodo a causa dei rincari dell'energia e dell'aumento dei costi delle materie prime. Gli impatti sui consumatori con redditi molto differenziati causeranno una frenata sensibile dei consumi. È già visibile una polarizzazione sul basket della spesa verso scelte che privilegiano i prezzi più bassi – indirizzandosi verso prodotti a basso costo o verso i discount – perché il reddito disponibile per la spesa è già inferiore al 50%. In quest'ambito un ruolo importante potrà essere svolto dai prodotti della private label. Da parte nostra riteniamo necessario lavorare sulla differenziazione per diventare sempre più distributori di servizi, sfruttando anche le potenzialità del digitale e trovare le risposte a una situazione sociale caratterizzata da un ceto medio sempre più assottigliato. La Grande distribuzione italiana ha già dimostrato la capacità di restare a contatto con i clienti e creare quel rapporto di fiducia imprescindibile caratterizzato dalla garanzia di qualità e trasparenza”.

E con l'export stiamo a guardare

Spostando poi l'attenzione verso l'export, la performance dell'ultimo biennio non si può definire sbalorditiva se analizzata rispetto agli altri settori. Nel 2019/21 l'incremento del 13,6% colloca l'agroalimentare al terz'ultimo posto nel ranking delle principali filiere italiane. Il Paese è inoltre solo quinto in Unione europea per valore delle esportazioni alimentari, un valore pari al 65% dell'export tedesco e al 72% di quello francese. La performance del Paese non migliora guardando all'incidenza dell'export agrifood sul totale, pari al 9,7%, metà della quota spagnola e il 70% di quella francese.

A rallentare e minare il processo evolutivo del comparto spicca ed è di stretta attualità la preoccupante costante ascesa dell'inflazione, mai così alta negli ultimi 30 anni. Paragonando aprile di quest'anno a quello del 2021, il prezzo del grano è incrementato senza freni del 230% e quello del mais del 130% (AT: aprile 2022). Inevitabili le conseguenze negative per le tasche delle famiglie italiane, il cui paniere della spesa è aumentato del 2,9%. Il conflitto russo-ucraino ha contribuito non poco al fenomeno, aggiungendo un problema di reperibilità di alcune materie prime di cui il nostro paese è molto carente con nuovi rischi per alcune filiere agroalimentari chiave del Paese.

I numeri della sostenibilità

Che la necessità di accelerare il processo di transizione ecologica sia una priorità per la filiera agroalimentare a Bormio è stato ribadito con fermezza. Il punto di partenza è stata la ricerca “La(R)evoluzione Sostenibile della filiera agroalimentare italiana” presentata da Benedetta Brioschi, responsabile scenario Food&Retail&Sustainability di The European House – Ambrosetti.

Un'analisi approfondita dalla quale sono emersi numerosi indicatori utili, che evidenziano come la filiera debba rispondere alle mutate esigenze dei consumatori, confrontandosi con uno scenario caratterizzato da elementi di criticità che coesistono con lo sviluppo di risposte tecnologicamente innovative. Il maggior rispetto per l'ambiente è un tema molto sentito per il 70% dei cittadini nel 2021 (+22 punti percentuali rispetto al 2015). In Italia le pratiche più richieste sono la riduzione del consumo di plastica (90%) e la transizione a packaging sostenibile (89%).

L'innovazione e il ruolo della filiera come guida per il Paese verso la sostenibilità

I lavori del Forum hanno evidenziato come trasparenza e tracciabilità siano due concetti molto richiesti e soluzioni tecnologiche come la blockchain e lo smart label stanno andando incontro a queste crescenti esigenze, grazie a un sempre più costante tracciamento e accumulo di dati. Ma l'innovazione impatta su tutte le fasi della filiera e il nostro Paese si dimostra all'avanguardia nell'adozione di nuove tecniche e strumenti: ad esempio l'Italia è al quarto posto nel mondo per densità di robot attivi nella produzione alimentare e, ancora, le 210 startup FoodTech costituiscono il 17% del totale europeo.

Italia, paese di genialità hi-tech, virtuoso nel riciclo ma campione di spreco

Tuttavia non si potrà prescindere dagli allarmi derivanti dalla situazione ambientale del nostro Paese. Dalla ricerca di The European House – Ambrosetti emergono cinque sfide preminenti per la filiera agroalimentare (ma non solo). Innanzitutto, un aumento della popolazione mondiale: nell'ultimo trentennio la produzione mondiale di cibo è aumentata del 91%, il doppio di quanto sia aumentata la popolazione (+45%) oggi giunta a 8 miliardi. Tale situazione porta a un maggiore impatto della filiera agroalimentare sugli ecosistemi ambientali e, come si dice nella ricerca, è fondamentale fare ricorso all'Agricoltura 4.0 per conseguire un risparmio di circa il 30% degli input necessari per l'attività agricola e una crescita del 20% della sua produttività.
Il terzo elemento critico si lega alle condizioni meteo che danneggiano la filiera agroalimentare. Il 21% del territorio italiano è infatti a rischio desertificazione e allo stesso tempo il numero di eventi estremi cresce del 25% ogni anno. In Italia, tale situazione causa un danno stimato di 1 miliardo l'anno. Nel 2021 le avversità climatiche hanno determinato una perdita di produzione media del 27% della frutta, del 10% del riso e del 9% del vino. Gli impatti più severi sono stati raggiunti nella produzione di miele, quasi totalmente scomparsa nell'anno (-95%), delle pere (-69%) e delle pesche (-48%).

Non irrilevante, poi, l'imbarazzante problema dello spreco alimentare che, nel mondo, pesa per il 17% del cibo prodotto e ammonta a quasi 1 miliardo di tonnellate all'anno. In questo contesto, l'Italia rientra tra i primi 10 Paesi europei (Ue27+Uk) per spreco alimentare, buttando via e non consumando mediamente 89 kg pro-capite l'anno di cibo, pari a 5,3 milioni di tonnellate.

Infine, la dipendenza dall'estero della filiera agroalimentare italiana per l'approvvigionamento di materie prime agricole, che provoca un deficit commerciale del settore agricolo cumulato di 85,8 miliardi dal 2010 al 2021. Una situazione che comporta ricadute significative in termini di sostenibilità economica, sociale e ambientale della filiera derivante da una forte esposizione all'andamento della produzione e dei prezzi delle materie prime dal resto del mondo e, quindi, da una crescente vulnerabilità a shock di approvvigionamento per alcuni prodotti chiave alla base della catena di lavorazione italiana.

Quali sono le ragioni di questo contesto così problematico? The European House – Ambrosetti richiama l'attenzione su due motivi: a indebolire la competitività della filiera agroalimentare italiana interviene, da un lato, la frammentazione delle imprese della nostra Penisola (il 92,8% fatturano meno di 10 milioni), e dall'altro il fenomeno dilagante dell'italian sounding a cui nella seconda giornata del Forum sarà dedicata un'approfondita e innovativa ricerca.

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