I pistacchi di Bronte, unici al mondo per le loro caratteristiche e qualità, suscitano un grande interesse anche oltreoceano. A testimoniarlo è un recente articolo del New York Times, che dedica all'“oro verde” siciliano un ampio servizio alla scoperta dei suoi segreti. Del resto, rispetto ai pistacchi prodotti negli Stati Uniti, in particolare in California, quelli di Bronte si differenziano per essere più piccoli, di un verde più intenso e con la buccia che tende al color porpora.
Inoltre, il sapore è nettamente più deciso, grazie alle caratteristiche del terreno, ricco di sostanze minerali portate anche da colate laviche. La raccolta del pistacchio di Bronte, come noto, viene effettuata solo ogni due anni, in particolare negli anni dispari, tra la fine di agosto e gli inizi di settembre. Ogni pianta produce da 5 a 15 chili di tignosella (così è chiamato il frutto smallato ed asciugato) con punte massime di 20 – 30 chilogrammi. Una delle fasi più delicate dell'intera lavorazione è senz'altro la pelatura, cioè la rimozione dell'endocarpo (la sottile pelle di colore viola rossastro), che viene fatta per le esigenze delle industrie dolciarie e conserviere. L’impianto utilizzato è costituito da uno “scottatore” dove il seme viene pelato, facendolo sostare per alcuni minuti in acqua calda a circa 90 C°. A seguito di ciò, la pellicola che avvolge il seme si rigonfia e successivamente, passando attraverso cilindri gommati che ruotano per sfregamento, viene lacerata e distaccata.
Negli anni di non raccolta, detti anche “di scarica”, si procede alla cosiddetta potatura verde, ovvero le gemme in fase di crescita vengono tolte a mano. Tale pratica, peraltro, è una tradizione che si perde nella notte dei tempi, probabilmente risalente alla dominazione araba. Si tramanda ancora oggi da padre in figlio senza soluzione di continuità.
Nonostante la loro produzione copra soltanto l'1% di quella mondiale, i pistacchi di Bronte stanno trovando molta fortuna anche negli Stati Uniti.