19 luglio 2023

I sensori indossabili per il monitoraggio dell’ortofrutta

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Novità in campo e in serra. L’Università Campus bio-medico di Roma (Ucbm) ed Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), in collaborazione con l’Università di Napoli Federico II, hanno sviluppato e testato sensori in fibra ottica da applicare direttamente su piante e frutti per monitorarne in modo non invasivo la crescita e lo stato di salute.

Dal biomedico all’agricoltura

Fino a oggi sensori simili sono stati impiegati principalmente in ambito medico: “Questo progetto di ricerca nasce dalla collaborazione tra tre unità di ricerca di Ucbm, in particolare Misure e strumentazione biomedica, Scienze degli alimenti e nutrizione e Fisica non lineare e modelli matematici – ha sottolineato Emiliano Schena, docente di Ucbm L’obiettivo era sviluppare tecnologie indossabili finalizzate al monitoraggio di parametri microambientali e fisiologici della pianta, al fine di una migliore gestione delle colture e dell’ottimizzazione della produzione agricola”.

L’esito della ricerca sono sensori indossabili basati sulle fibre ottiche che utilizzano matrici polimeriche e che permettono l’ancoraggio del sensore alle piante. Questi sensori permettono di monitorare parametri come l’umidità relativa o la temperatura, ma anche di estrarre informazioni utili circa lo stato di salute della pianta.

L’alternativa a droni, telerilevamento e spettroscopia

Per controllare la crescita delle piante, nell’ambito della precision farming, sono state fin qui usate diverse applicazioni di telerilevamento, come la spettroscopia o i droni. Si tratta di tecnologie sofisticate, che però hanno un limite, ossia l’impossibilità di effettuare un monitoraggio puntuale e continuo. Conoscere real time i fattori ambientali, come per esempio l’umidità del suolo e la temperatura, è però fondamentale soprattutto in situazioni di siccità e di ristagno idrico, i quali possono causare un deficit nell’assorbimento di energia e dei nutrienti minerali, portando a una diminuzione della crescita delle piante e del suo valore nutritivo.

“Gli strumenti a oggi in uso – ha commentato Schena – non permettono il monitoraggio continuo dei parametri né elevate prestazioni a livello temporale, spaziale, di sensibilità e di accuratezza”.

Le colture testate

I sensori realizzati dal gruppo di ricerca hanno caratteristiche diverse in base alle parti delle piante dove vengono applicati, dunque stelo, foglie o frutti. Per testarli, i ricercatori hanno lavorato su colture molto diffuse, quali il pomodoro, il melone e la zucchina e altre piante particolarmente utilizzate dall’industria, per esempio il tabacco.

“Per questo studio abbiamo realizzato due diversi sensori in fibra ottica – ha riferito Michele Caponero, ricercatore del Laboratorio Enea di Micro e nanostrutture per la fotonica e coautore dello studio – Il primo ha forma allungata ed è stato posizionato sugli steli di tabacco e di pomodoro coltivati in laboratorio, mentre il secondo dispositivo ha forma ad anello ed è stato applicato intorno a meloni e zucchine cresciuti all’aperto. In entrambi i casi i sensori hanno dimostrato un’elevata sensibilità nel rilevare la crescita delle piante, come l’allungamento dello stelo nel caso del tabacco e del pomodoro e la variazione della circonferenza nel caso del frutto, sia in condizioni protette, sia in campo, dove abbiamo registrato variazioni significative di condizioni ambientali in termini di temperatura, umidità e illuminazione, anch’esse monitorate grazie a sensori in fibra ottica”.

In simbiosi con la pianta

I sensori in fibra ottica vengono realizzati su misura per renderli facilmente ancorabili alle diverse parti della pianta. Inoltre sono biocompatibili e hanno una struttura molto flessibile poiché sono costituiti da fibre ottiche rivestite di silicone. Le loro prestazioni sono garantite da un’elevata sensibilità alla deformazione, che nel caso delle piante corrisponde al loro sviluppo, dall’affidabilità del segnale e da dimensioni miniaturizzate oltre che da un peso ridotto.

“I nostri sensori – ha concluso Caponero – hanno dimostrato di saper monitorare tutti gli aspetti fondamentali per lo sviluppo vegetale e lo fanno stando in simbiosi con la coltura”.

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