Il Limone dell'Etna è diventato Igp. Un traguardo ambizioso e meritato per questo agrume dalle caratteristiche uniche, coltivato da più di un secolo e con un legame fortissimo con il suo territorio di produzione.
Il Crea olivicoltura, frutticoltura e agrumicoltura ha messo a punto il dossier scientifico a supporto della candidatura, conducendo una sperimentazione sulle due principali varietà di limone coltivate nell'area etnea (Femminello zagara bianca e Monachello) per dimostrarne le proprietà qualitative e nutraceutiche (concentrazioni elevate di acido citrico e di polifenoli) nonché l'elevata attività antiossidante (Vitamina C,) che contribuisce a contrastare lo stress ossidativo e a proteggere la nostra salute.
I risultati, pubblicati nella rinomata rivista internazionale Food Research International (Food Research International, 74, 250-259, 2015) , evidenziano come la spiccata qualità dei frutti di “Limone dell'Etna” sia da attribuire allo sviluppo e alla maturazione in un ambiente pedoclimatico molto specifico, con suoli di matrice vulcanica, tipici delle aree prossime al vulcano Etna e con un clima mitigato dal mare. Ma, oltre al vulcano ed al mare, a rendere così speciale questo agrume è la particolare tecnica colturale, presente in questo areale e adottata dai produttori locali dall'inizio del secolo scorso: si tratta della forzatura o secca, che permette una produzione estiva dei frutti, forzando la pianta a fiorire in estate per poi dare i frutti nel periodo da maggio a settembre dell'anno successivo. Non irrigando durante il mese di giugno-luglio si induce nella pianta uno stress idrico. Dopo tale periodo, attraverso crescenti irrigazioni e concimazioni eccitanti a base di azoto, si risveglia la pianta dal letargo indotto e si provoca una seconda fioritura che andrà a frutto l'anno successivo. I frutti ottenuti con questa tecnica vengono chiamati verdelli e, non a caso, sono i più ricchi in antiossidanti.