Se qualche giorno fa la situazione coronavirus in Italia era apparsa seria oggi – dopo l'ultimo messaggio di Giuseppe Conte (ore 21,40 dell'11 marzo) Presidente del consiglio, è serissima. La nuova comunicazione parla chiaro: chiusi (anche) i bar, i negozi e gli uffici pubblici. Una restrizione che va a sommarsi all'ulteriore stretta alle attività di produttive presa con il decreto del presidente del consiglio dei ministri del 9 marzo scorso. E pertanto, per effetto del suddetto Dpcm e per effetto della nuova comunicazione, l’Italia è tutta in zona protetta: sono state varate nuove misure (effettive dal 10 marzo ed efficaci fino al 3 aprile 2020) riassumibili nel divieto di ogni forma di assembramento di persone. Il che significa che restano chiuse le scuole, le università, i centri di formazione, i centri sportivi, che si è fermato il campionato di calcio, che nei supermercati e negli esercizi pubblici si entra scaglionati, che la distanza di un metro di sicurezza tra persone è resa obbligatoria. Bar e ristoranti chiudono, e non solo dopo le 18.00. Le strade sono deserte e desolate: dopo i “#milanononsiferma, l’#italianonsiferma, i nuovi tormentoni sono: “io resto a casa”, “distanti ma uniti”.
Come ha ricordato Conte, esiste una sola regola “madre”: limitare gli spostamenti.
Una decisione stringente, sicuramente necessaria, ma che potrebbe diventare ancora più drastica: Lombardia e Veneto invocano il modello Wuhan – ancora al vaglio del presidente Conte, che appare possibilista, ma che non accetta “reazioni emotive” – ossia la chiusura definitiva, per almeno 15 giorni, di tutte le attività, compresi gli uffici (quelli che non hanno ancora optato per lo smart working) e i mezzi pubblici, esattamente come è stato fatto nella città cinese maggiormente colpita dal coronavirus. Resterebbero aperti – nelle modalità che verranno definite – solo farmacie e alimentari.
A non fermarsi, quindi, sono (e presumibilmente saranno) il trasporto merci e la logistica: al momento tutte le merci, quindi non solo quelle di prima necessità, possono viaggiare su tutto il territorio nazionale. Per chiarire ancora meglio: circolano liberamente i corrieri e non sono previste limitazioni al transito e all’attività di carico e scarico delle merci.
Infermieri, medici e autotrasportatori: i nuovi eroi
Mentre negli ospedali, medici e infermieri lottano contro il coronavirus, contro il tempo e contro la carenza di letti e di posti in rianimazione, sulle strade ci sono altri eroi. Sono gli autotrasportatori e coloro che lavorano nella logistica: farmacie, supermercati e alimentari devono restare approvvigionati, le consegne a domicilio, soprattutto se si parla di over 65, mai come oggi devono essere garantite. Per i mercati all'ingrosso il discorso è leggermente diverso, ma anche questi devono essere riforniti.
“La necessità che le merci possano continuare a circolare liberamente è una presa di coscienza doverosa – ha commentato Franco Fenoglio, presidente della sezione veicoli industriali di Unrae, l’unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri -. Vorrei ringraziare tutti coloro che, operando nell’autotrasporto, stanno facendo sacrifici enormi per garantire l’approvvigionamento delle merci”. “In Italia – ha ricordato Fenoglio – l’86% delle merci viaggia su gomma, il che significa che l’autotrasporto ha un impatto determinante sulla vita di ciascuno”. Mai come in questo momento, viene da aggiungere.
Anche perché, al momento, gli eroi della strada, anch'essi a rischio, come tutti, di contrarre il coronavirus, hanno ben poche tutele e garanzie. Come hanno fatto notare Aitras (associazione italiana trasportatori) e Trasportounito, le aree di servizio chiudono alle 18.00, rendendo impossibile, agli autisti, di potersi rifocillare (semplicemente lavarsi le mani e utilizzare i servizi igienici), così come sono introvabili – ma obbligatorie – le mascherine in praticamente tutti i centri di carico e scarico. Inoltre le associazioni chiedono per gli autisti condizioni di lavoro “umane”, il che significa che, banalmente, possano scendere dai camion una volta giunti alla destinazione di carico o scarico. Il rischio è lo sciopero degli autotrasportatori, peraltro già minacciato nelle scorse ore dai camionisti siciliani.
Nel frattempo, la preoccupazione di tutto il settore e di tutta l'Italia riguarda le decisioni che prenderanno gli altri paesi europei: sono ore difficili per tutti, la stretta ai confini è vicina.
La chiusura del Brennero e degli altri confini
Naturalmente tutta l'Europa teme il coronavirus e pertanto, sul versante dei trasporti internazionali, la situazione è difficile: le ricadute sull’export potrebbero essere pesanti. L'incognita più concreta, in questo momento, è quella circa la chiusura del Brennero: l'Austria ha sospeso i collegamenti ferroviari internazionali, lo stop riguarda i treni passeggeri, mentre i treni merci, dopo il cambio del locomotore, possono al momento proseguire. Per le merci che transitano su gomma c'è ancora molta incertezza, per ora i controlli sugli autisti sono a campione, e già così generano lunghe attese a incolonnamenti al confine, in uscita dall'Italia, con ripercussioni per le merci deperibili, ortofrutta in primis. Ma i controlli sanitari, nel giro di poche ore, potrebbero diventare ancora più serrati.
“Non è ancora chiaro se le misure di controllo alle frontiere che il governo austriaco intende attuare interesseranno anche il traffico merci da e per l’Italia – ha spiegato Thomas Baumgartner, presidente di Anita, l'associazione nazionale imprese trasporti automobilistici -. Se adottate anche per gli autisti dei mezzi pesanti, significherebbe di fatto un impedimento per gli autotrasportatori italiani di effettuare trasporti con l’Austria, mentre gli autisti austriaci si ritroverebbero in una situazione privilegiata a entrare e uscire liberamente dall’Italia, eseguendo tutti i trasporti bilaterali senza alcuna limitazione”.
Confetra: non spezzare la catena logistica
Pronta anche la risposta di Guido Nicolini, presidente di Confetra, confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica che, con una lettera accorata al presidente Conte, ha chiesto tutele per l'industria logistica italiana: “Pronti a farci carico di ogni sacrificio e a collaborare, come sta già virtuosamente avvenendo, con il nostro ministero di riferimento, il Mit, con il ministero della salute, con l'agenzia delle dogane, con la protezione civile – ha scritto nella missiva -. Ma non possiamo combattere anche contro altri stati, molti addirittura europei, che stanno letteralmente perseguitando l'industria logistica italiana e i suoi lavoratori: alle frontiere, nei transiti, nei controlli, nelle operazioni, negli sbarchi e negli imbarchi. Austria, Slovacchia, Turchia, Malta e Albania gli ultimi dolorosi esempi. Non si lasci che sia ulteriormente e immotivatamente colpita l'industria logistica italiana”.
Sono momenti difficili, la situazione è in continuo divenire, l'Italia non deve fermarsi. La redazione di myfruit.it la segue da vicino, pronta a dare aggiornamenti continui.