13 aprile 2022

Il reparto ortofrutta chiama a sistema Gdo e produzione

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Andiamo subito al dunque. L’acquisto domestico di ortofrutta fresca in cinque anni ha perso due punti percentuali sul fronte volumi e il valore che ha generato non è in grado di coprire questa perdita. Ciò significa che – in un contesto problematico – per la filiera è importante incontrarsi e trovare soluzioni. La nota positiva è che alcune risposte che cerchiamo può fornircele il consumatore. Così il direttore Salvo Garipoli ha introdotto i risultati della indagine consumer di Sg Marketing che ha sondato le tematiche cogenti per il cliente finale.

I risultati – presentati ieri a Marca Fresh e commentati anche nella tavola rotonda di oggi organizzata da myfruit.it con Sg Marketing – hanno messo in evidenza come i profili del nuovo consumatore si stiano avvicinando al nostro mondo, dai vegani (2% del campione) ai vegetariani (5%), agli equilibrati (16%, ma 22% fra un anno) mentre i carnivori dal 12% attuale passeranno al 10%. Intanto, il 30% è costituito da flexitariani, che dichiarano la volontà di sostituire le proteine di origine animale con quelle di origine vegetale.

Focus sostenibilità

L'indagine consumer di Sg Marketing ha messo in evidenza il costante interesse degli italiani nei confronti della sostenibilità – nelle sue tre accezioni ambientale, sociale ed economica – che rappresenta un vero e proprio driver a sostegno del processo di selezione, acquisto e consumo degli italiani.

Gli elementi a sostegno del trend sono la stagionalità (4,5 punti su scala 5), il localismo e l'italianità (rispettivamente 4,2 e 4,3). Seguono la garanzia certificata: residuo zero e tracciabilità della filiera – che hanno raggiunto un punteggio pari a 4,4 e 4,2 – e lo spreco alimentare che si traduce nell’attenzione a grammature adeguate e al ruolo del packaging che passa dal plastic free al riciclabile e compostabile. Funziona il residuo zero, e grande assente la marca: che non è – oggi – espressione della sostenibilità.

Comunicare questo è il dilemma

L’analisi ha permesso di individuare i principali luoghi d’acquisto dell’ortofrutta e il gap tra quanto il consumatore vorrebbe trovare spiegato in negozio e non trova.
Mentre è chiaro il livello di soddisfazione che il consumatore manifesta rispetto alle informazioni legate all’origine del prodotto (merito anche delle norme obbligatorie), si rilevano importanti gap informativi rispetto ai temi della tracciabilità di filiera e ai metodi produttivi. E il consumatore vorrebbe anche maggiori informazioni rispetto ai benefici nutrizionali.

Obiettivo distintività

Poi la tavola rotonda con Alessandra Manzato, group category manager Conad, Claudio Mazzini, responsabile commerciale freschissimi Coop Italia, e Gregorio Martelli, direttore acquisti Magazzini Gabrielli.

Se Alessandra Manzato ha parlato di un aumento della frequenza di acquisto di ortofrutta, superiore anche ai livelli pre-pandemia, con una positiva tendenza verso prodotti premium o a più alto contenuto di servizio, per Claudio Mazzini siamo di fronte a un consumatore sempre più fluido che ci mette di fronte a due tendenze divergenti: da un lato, la ricerca dei prodotti premium ad alto contenuto di servizio e, dall'altro lato, l'aumentata necessità di contenere il peso del carrello.

Intanto, nei Magazini Gabrielli la funzione del reparto ortofrutta è differente nei diversi format: in particolare, nei Super Store l’ortofrutta determina il posizionamento, grazie alla presenza di prodotti locali. Ma vero fiore all’occhiello è rappresentato dalla scelta di  un reparto servito che rappresenta un chiaro elemento di differenziazione competitiva. “E' forse questa la vera sostenibilità – ha osservato Martelli – Investire le risorse della diversità inventariale per fare lavorare più persone”. L'assortimento più vasto va gestito da persone più esperte. Così si incrementano le vendite.

Per Mazzini, il tema della distintività è invece fondamentale per evitare il rischio di generare all’interno del mercato situazioni competitive basate solo sulle dinamiche di prezzo.

In una ottica di relazioni di filiera, Garipoli ha chiesto una visione condivisa ed espresso la necessità di ripensare i rapporti nella filiera, al servizio della comunicazione di settore. Senza dimenticare l’innovazione, finalizzata a dare distintività. Infine, esperienza di prodotto: non basta creare storie, servono contenuti. Contenuti da portare alla ribalta, non solo sui social ma anche nel reparto. Così il digital può andare a supporto del canale fisico.

Marca del distributore, capitolo a parte. Come spiegato da Alessandra Manzato, rappresenta una delle principali leve di fidelizzazione se riesce a farsi interprete delle esigenze di rassicurazione del consumatore attraverso la certificazione di filiera, la tracciabilità e lotta integrata.

L'insostenibile leggerezza dell'ecommerce

In merito al tema dell’ecommerce, tutti i relatori hanno manifestato la necessità di presidiarlo in maniera efficace in chiave di servizio, complementare al processo di spesa del consumatore e allo stesso tempo piattaforma relazionale, utile ai fini della comunicazione al consumatore, anche da parte delle aziende.

“Attenzione alla insostenibile leggerezza dell'ecommerce con cui faremo i conti – ha avvertito Mazzini – Se  il servizio o il prodotto non ha costo, c’è qualcosa sotto. Stessa riflessione applico ai vari canali: i consumatori non lo chiamano più discount!”.

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