Il consumatore italiano è già digitale, il retail, soprattutto alimentare, non ancora. O meglio: molto poco. Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano, come si suol dire in questi casi, non le ha certo mandate a dire. Davanti a lui un pubblico attento e numeroso per il convegno organizzato da New Business Media e Di.Tech dal titolo “Pronti per l’azienda digitale?”.
«Indipendente dal fatto che i consumi sono in calo da anni, l’Italia è comunque tra le 10 economie più importanti del mondo, tanto che le grandi DotCom arrivano anche da noi, poiché lo reputano un mercato interessante». Tra i tanti dati che Perego ha mostrato, frutto di uno studio su 250 top player del retail italiano, uno dei primi, definiti “inquietanti” dal professore, è l’investimento in innovazione digitale: meno dell’1% rispetto al fatturato. Eppure «il consumatore italiano è già digitale, l’89% degli italiani usa lo smartphone quando è all’interno di un negozio». I retailer, quindi, preferiscono continuare ad investire, per ora, maggiormente nell’apertura di nuovi punti vendita, ma è bene che non sottovalutino una certa azienda di nome Amazon. «Quanto tempo diamo ad Amazon per vendere anche alimentari in Italia? Facciamo due anni? Poi arriva però e…».
Sebbene stia aumentando la consapevolezza che di “non innovazione” si può morire, nel mondo del retail italiano si continua a far fatica a ragionare in termini di omnicanalità. Gli investimenti, come ha sottolineato sempre il professor Perego, si concentrano – ma c’è ancora molto da fare – ancora nel beck-end, dove il ritorno sugli investimenti è più certo. Per quanto riguarda il front – end, invece, seppur lo scenario muti a seconda dei settori, siano essi abbigliamento o alimentare, si naviga in modo disordinato, senza una vera strategia. «La sensazione è che l’innovazione digitale sia vissuta più per avere la cosa figa e ottenere l'effetto “wow”. Ma il tutto non all’interno di una strategia per capire poi il risultato dell’investimento».
E se molti retailer studiano app per cercare di rendere l’esperienza all’interno del punto vendita migliore e più coinvolgente, oltre che utile – certamente interessanti le presentazioni di Rcs Libri, Ikea, Henkel, OVS e Roadhouse Grill Italia -, così come l’attenzione al mondo social non sia più vista come necessaria, ma quasi vitale, osservando i dati relativi alla presenza di un sito di e-commerce o mobile-commerce da parte dei retailer italiani appare evidente come più che nel 2015 sembra di essere fermi ancora a quasi 10 anni fa in molti casi. I retailer italiani che hanno un sito di e-commerce è pari al 52%, percentuale che scende al 13% nel settore alimentare. Per quanto riguarda il mobile-commerce, l’alimentare sprofonda al 9%.
Probabilmente ci penserà Amazon a dare la scossa al settore dell’alimentare, ma a quel punto sarà ancora più difficile, se non impossibile, recuperare il tempo perduto e le relative fette di mercato.