Di mele o carote biologiche si parla spesso come delle auto elettriche, ovvero più sul differenziale di prezzo rispetto ai veicoli tradizionali che sulle qualità benefiche e salutari per l'ambiente e la nostra salute.
Una narrazione dominante che spinge in una riserva il paniere ortofrutticolo biologico. In Gdo una distanza che porta in diversi ad accelerare il passo e andare oltre.
La battaglia per convincere più consumatori ad approdare al biologico però può evolvere, anche perché almeno un referenza bio all'anno è entrata in casa di otto famiglie su dieci, grazie a tecniche commerciali più ragionata, a una comunicazione istituzionale di supporto e al neuromarketing, scienza giovane che aiuta a mettere in evidenza, e quindi farli acquistare, i prodotti.
Il tema è affascinante. Al centro di un tavola rotonda, preceduta da un intervento ricco di spunti di Vincenzo Russo, professore di psicologia dei consumi e neuromarketing alla Iulm di Milano, di un evento del progetto europeo Made in Nature organizzato a Castel Raniero, siamo a Faenza (Ravenna), nell'azienda Agricola Quinzan, dove da 20 anni si coltiva in biologico.
Si sceglie in un attimo: davanti allo scaffale dai 4 ai 20 secondi
Il professor Russo studia come apprende e classifica le informazioni del cervello. Sicuramente in velocità, "davanti allo scaffale si sta dai 4 a 20 secondi", per questo bisogna colpire e in positivo il consumatore.
Tanti gli studi e i casi concreti sulle "macchine emozionali" ovvero noi che siamo razionali ma spesso un secondo dopo aver allungato la mano e riposto nel carrello il prodotto. "Non abbiamo tutte le informazioni necessarie per fare la scelta più razionale per questo ci affidiamo spesso al consiglio dell'amico oppure al colore, la forma ma pure il peso del bene che si acquista".
Una razionalità limitata che fa riferimento agli studi del premio Nobel Herbert Simon. Un esempio concreto: "Un mirtillo bianco attira di più rispetto a uno blu, uno studio che abbiamo condotto di recente, perché sembra più naturale".
Indicazioni per valorizzare il biologico in reparto
Come comportarsi in reparto per valorizzare il paniere biologico? "Bisogna differenziare il sito dedicato al biologico rispetto a quello destinato al tradizionale, non deve emergere solo il prezzo. Si può puntare sul colore per fare distinguere i due prodotti".
Tanti i suggerimenti. Hanno preso nota i rappresentanti di Brio, Canova, Conserve Italia, Orogel e Verybio. Le aziende di Made in Nature che hanno partecipato all'evento e alla tavola rotonda moderata da Marina Bassi, giornalista di GdoWeek.
Finelli di Orogel sulla narrazione: "Torniamo indietro di 25 anni"
Vincenzo Finelli, direttore generale di Orogel Fresco, sul prezzo che offusca le qualità del biologico ha le idee chiare: "Per 15 anni si è spiegato bene il fenomeno, poi per 10 anni ci ha dato una mano la Gdo e ci siamo concentrati sul prezzo.
Dobbiamo tornare indietro e spiegare da cosa deriva quel costo, spiegare di nuovo cosa comporta produrre in biologico. Fare un passo indietro di 20/25 anni". Un approccio più pedagogico per mettere in risalto la fatica che sta dietro una scelta di campo, in tutti i sensi.
Non manca un avvertimento: "Tante aziende soffrono perché sta mancando la voce di bilancio legata alla frutta per l'industria, senza questa entrata rischiano di abbandonare il sistema".
Pari di Almaverde Bio: "Serve una scala di prezzo
Paolo Pari, direttore di Almaverde Bio offre una soluzione: "Il prezzo è un falso problema. Si deve fare una scala differenziata così questo fattore si ridimensiona".
Basta guardare al convenzionale, spiega il manager, dove la mela piccola ha un costo diverso da quella grande ovvero è possibile portare prodotti bio con un costo di vendita differenziato.
A tal proposito cita una ricerca fatta con Coop: "Un 30% acquista solo bio, un altro 30 sta sul vorrei ma non posso e infine il 30 che compra solo con la promozione". C'è una prateria estesa, tutta da conquistare. Infine, un tassello fondamentale: "Manca una comunicazione istituzionale".
Laghi di Brio: "Una narrazione di valore e coerente. Non è sostenibile la pera bio argentina"
Mauro Laghi, direttore generale di Alegra e in questo contesto soprattutto responsabile commerciale di Brio sottolinea l'originalità della filiera biologica: "C'è un costo maggiore, quindi la comunicazione deve essere di valore perché è più difficile coltivare seguendo questo metodo".
Interessante il discorso di Laghi sulla coerenza della sostenibilità: "Se la pera non c'è non ci deve essere per forza nel punto di vendita. Quella di origine argentina anche se biologica non è sostenibile". Chiaro il riferimento alle emissioni prodotte nelle lunghe rotte oceaniche.
Nel 2023 il bio ha perso l'8%, risale nel 2024
Ogni manager ha la sua visione e soluzione. Sara Bellentani di Cso Italy ha diffuso i dati del progetto: "Abbiamo fatto comunicazione sui social, nel sito, coinvolto influencer su Instagram. partecipato alle fiere di settore. Iniziative su 750 punti di vendita, 46 milioni di contatti sui social".
Vediamo i dati: "Nel 2023. Il bio ha registrato un calo del 8%, vendute circa 500mila tonnellate di prodotto, spesi 2,8 euro a famiglia. La frutta ha perso il 5%, il 15% gli ortaggi. Le specie in positivo: banane e mele con incremento del 5 e 7% tra gli ortaggi in aumento zucchine del 7% e cetrioli al 6%. La frutta bio almeno una volta nella casa di otto famiglie su dieci. Si risale nel 2014: incremento del 5 % dei volumi e del 7 in valore. Il calo dell' inflazione ha influito positivamente".