Altroconsumo, la nota associazione di consumatori, da oltre vent’anni pubblica sulla sua rivista un’indagine/inchiesta per stilare la classifica delle insegne della grande distribuzione organizzata più convenienti (vedi qui). Obiettivo: “Aiutare i consumatori a fare la spesa con sempre maggiore consapevolezza sul lato del prezzo, stilando classifiche delle catene e dei punti vendita presenti sul mercato”.
Bruno Sfogliarini e Daniele Tirelli, professori universitari e collaboratori del sito RetailWatch.it, diretto dal giornalista Luigi Rubinelli, non sembrano però molto d’accordo sul metodo che la rivista della nota associazione utilizza per mettere in fila i supermercati più convenienti, alla quale imputano molteplici errori “di metodo, sia statistici sia economici”.
In un approfondito articolo (vedi qui) i rilievi dei due professori non sono certo pochi, anzi, tutto l’impianto dell’indagine e i relativi risultati vengono smontati uno ad uno, a partire dal punto di partenza, vale a dire il campionamento: “105 prodotti per 885 negozi fa 92.925 osservazioni. Se i prezzi sono 1.083.983, questo, a rigor di logica, fa supporre che il campione sia disomogeneo. Infatti, i prezzi quasi sicuramente si riferiscono a EAN diversi (di vari brand/formati) ricondotti poi al vago termine di “prodotto” si legge all’inizio dell’articolo.
L’indagine, poi, commetterebbe errori di tutti i tipi: di rappresentatività – “105 “prodotti” sono niente dato che in un ipermercato del solo yogurt ci saranno almeno 300-350 referenze e mediamente 12-15mila referenze grocery” – disomogeneità temporale (prezzi probabilmente non rilevati simultaneamente), disomogeneità merceologica – “si sono assimilate referenze diverse (EAN diversi) commettendo un errore madornale” – disomogeneità spaziale (confronto di prezzi in punti vendita posizionati lungo tutta la penisola), e tanti altri.
Su Twitter non è mancato un commento da parte di Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad e presidente di ADM (Associazione Distribuzione Moderna), che plaude all’analisi di RetailWatch: «Comunicazone e dati per fare spettacolo poca lealtà e correttezza. Bravo Rubinelli questo è fare chiarezza con lealtà».