30 marzo 2021

Insalate: serra o pieno campo? Meglio un capannone dismesso

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Daniele Modesto, Ceo di Zero

Coltivare insalate secondo i dettami della vertical farming, sfruttando i capannoni industriali dismessi. E' il progetto di Zero, società che sviluppa Zero modular architecture, una tecnologia hardware-software per realizzare in serie, su scala industriale, impianti di produzione di agricoltura verticale. Obiettivo dichiarato, aumentare le rese per metro quadro, diminuendo al contempo i costi di produzione.

Progetto a vocazione agricola

“Il nostro è un progetto a vocazione agricola con una forte componente ingegneristica e manifatturiera – esordisce Daniele Modesto, biologo molecolare e Ceo di Zero – Il benchmark sono le serre tecnologiche ma, in un'ottica di sostenibilità ambientale ed economica, preferiamo sfruttare strutture già esistenti. In Italia, nel solo nord-ovest, ci sono 11mila capannoni da recuperare”.

Prove tecniche di distribuzione

Le insalate prodotte fuori suolo e in contesto industriale sono arrivate nei supermercati: “Le nostre insalate mono-varietà, mix di insalate, erbe aromatiche sono state distribuite nei punti vendita Eurospesa del Gruppo Dado in Veneto e Friuli Venezia Giulia – racconta Modesto – L'obiettivo, nei prossimi due anni, è arrivare a una produzione di quattromila tonnellate all'anno e accrescere la loro diffusione”.

Al tempo stesso occorrerà lavorare sul posizionamento del prodotto e sulla consapevolezza del mercato: “Il consumatore – aggiunge Modesto – deve familiarizzare con prodotti che hanno le stesse potenzialità del prodotto biologico e della IV gamma ma che, per un discorso normativo, non rientrano in queste categorie”.

La folgorazione a Expo 2015

Come nasce il progetto di Zero? Tutto ha inizio a Milano, sei anni fa.L'interesse di Modesto per l'agricoltura verticale risale infatti a Expo 2015, quando la sua attenzione viene catturata dal prototipo embrionale di una vertical farm: “Sono rimasto rapito dal racconto di Paolo Battistel, esperto europeo di coltivazione fuori suolo e oggi supervisore scientifico di Zero – ricorda – E' stato lui a spiegarmi che si possono coltivare, fuori suolo, insalate a basso impatto ambientale e con le stesse caratteristiche organolettiche delle referenze premium”.

Nel 2018 nasce Zero: “Il nostro è un team multidisciplinare, che conta una ventina di professionisti tra agronomi, ingegneri e sviluppatori di software – spiega il Ceo – Un progetto finalizzato all'agricoltura, ma ad alto tasso tecnologico”.

La tecnologia supera i limiti della vertical farming

Il team multidisciplinare sviluppa così Zero modular architecture, una piattaforma tecnologica trasversale che prevede la combinazione di componenti standardizzati, tutti prodotti da Zero, che si assemblano rapidamente in spazi industriali dismessi convertiti in farm: “Il nostro obiettivo – spiega Modesto – è risolvere le debolezze intrinseche dell'agricoltura verticale, rendendola accessibile a tutti. La nostra piattaforma permette di ottenere la più alta produttività per metro quadrato coltivato, la più alta qualità di prodotto, il più basso costo di coltivazione per chilogrammo prodotto e una scalabilità infinita, grazie a una logica di installazione rapidissima che permette di essere pronti alla coltivazione in poche settimane”.

“Manca il romanticismo del bio, il nostro prodotto va spiegato”

“Al pari di quelle biologiche, le nostre coltivazioni sono a bassissimo impatto ambientale – precisa Modesto – Ma vanno spiegate al mercato e al consumatore, perché le tecnologie sono meno “romantiche”, perlomeno in prima battuta”.

“La sfida è il posizionamento del nostro prodotto – conclude – Le nostre insalate non rientrano nella prima gamma perché, essendo coltivate fuori suolo, sono pulite e già pronte al consumo, ma non sono nemmeno annoverabili tra i prodotti di IV gamma o in quelli bio per un discorso normativo. Per tale motivo è fondamentale il packaging, un supporto fondamentale per comunicare con il consumatore“.

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