23 febbraio 2023

International Blueberry Days: focus sul Portogallo

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La case history del mirtillo portoghese all’International Blueberry Days a Macfrut. Appuntamento mercoledì 3 maggio al Rimini Expo Centre con la prima giornata del Simposio che ospiterà un intervento di Pedro Bràs de Oliveira dell’Istituto nazionale di ricerca agraria (Iniav) di Oeiras, tra i massimi esperti europei in materia. Una fotografia del prodotto mirtillo in Portogallo, a seguito della missione di presentazione del Simposio avvenuta nelle settimane scorse a Lisbona nel congresso portoghese del mirtillo.

“La case history del Portogallo può essere molto utile per i produttori italiani alla ricerca di spunti per qualificare e rafforzare la propria presenza sui mercati – spiega a myfruit.it Thomas Drahorad di NCX Drahorad che coordina l'International Blueberry Days con Bruno Mezzetti dell’Università Politecnica delle Marche – Grazie alle affinità tra i due Paesi, le esperienze agronomiche e di ricerca realizzate dai colleghi portoghesi possono risultare estremamente utili anche nei diversi contesti produttivi itailani”.

Portogallo e mirtilli in cifre

“La produzione di mirtilli in Portogallo è in aumento – spiega Pedro Bràs de Oliveira – La superficie ha conosciuto un notevole incremento passando da 43 ettari nel 2010 a 2.587 ettari nel 2021, ovvero oltre 50 volte in soli 10 anni. Il volume prodotto da 500 tonnellate è arrivato a più di 17mila nello stesso periodo di tempo. Nel 2021 il Portogallo ha esportato 5.000 tonnellate per un valore di oltre 32 milioni di euro. Questo aumento riflette la grande attitudine del suolo portoghese e le condizioni climatiche per la produzione di mirtilli”.

Pedro Bràs de Oliveira si sofferma su alcune peculiarità della produzione portoghese. “La diversificazione della stagione produttiva è un obiettivo generale per tutte le colture in quanto può aumentare la redditività delle aziende agricole consentendo un'offerta di mercato più lunga. Il modo più semplice per raggiungere questo obiettivo è utilizzare cultivar con periodi di produzione differenti, precedenti o successivi, oppure cambiando le condizioni a cui sono sottoposte le piante attraverso l'utilizzo di coperture artificiali come polietilene o reti ombreggianti”.

Così è scoppiata la “febbre del mirtillo”

L’interesse del Portogallo per il mirtillo è iniziato dalla metà degli anni ’80.
“I primi test sono iniziati nel 1985, ma è stato solo nel 1994 che un campo varietale con diverse tipologie di mirtilli è stato realizzato nell'azienda sperimentale dell’Iniav, localizzata nella costa sud-occidentale del Portogallo. Fino a quel momento – ricorda Pedro Bràs de Oliveira – la produzione commerciale era praticamente inesistente, presente solo in un’azienda a Grândola (sud di Lisbona). Fino al 2010 gli agricoltori non hanno mostrato interesse alla coltivazione del mirtillo; solo nel 2012 è scoppiata la febbre del mirtillo con una forte espansione della coltivazione essenzialmente nel nord del Paese. Con il risveglio alla coltura, Iniav, ha avviato una serie di nuove prove in pieno campo, coltura protetta e produzione fuori suolo, adottando anche tecniche di manipolazione del ciclo vegetativo delle piante. In un test effettuato nell'azienda sperimentale si è dimostrata la capacità della cultivar Star di produrre 3 chili per pianta già al secondo anno, raggiungendo l’equivalente di 27 tonnellate ettaro già al terzo anno di produzione, mentre Legacy ha raggiunto le 22 tonnellate per ettaro già dal secondo anno. Già questi primi risultati hanno dimostrato che le piante di mirtillo si adattano bene alla coltivazione protetta in substrato, in questi ambienti, mostrando un ottimo sviluppo vegetativo e riproduttivo. Sono in corso ulteriori studi, in particolare sull'adattamento delle nuove cultivar ai diversi sistemi di produzione e alle condizioni climatiche portoghesi. Tale attività è fondamentale in quanto i programmi di miglioramento genetico del mirtillo sono molto attivi e ogni anno rilasciano nuove varietà, specialmente per il periodo precoce”.

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