Ingrosso

04 giugno 2024

Italmercati: “Troppe strutture, finanziare le strategiche”

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Sostenuti da uno studio di Ismea presentato oggi, I mercati all’ingrosso nella filiera agroalimentare, i rappresentanti di Italmercati chiedono una semplificazione: sfoltire  il sistema nazionale composto da 137 strutture.

Troppe secondo il presidente di Italmercati, Fabio Massimo Pallottini, il quale ricorda, lo ripete spesso da tempo, che in Italia ci sono mercati in numero “sei volte superiore a quello di Spagna e Francia“.

Tanti, ma con il freno a mano tirato se si analizza la movimentazione  di ogni singola categoria: “Il 50% dell’offerta ortofrutticola complessiva, il 33% di quella ittica e il 10% delle carni, quote che, ad eccezione dell’ortofrutta, risultano – si legge nel rapporto – significativamente inferiori a quelle di analoghe realtà di altri paesi Ue”.

Sistema frammentato, una diga pronta a cedere

Che il sistema così disegnato non regga lo dimostrano i casi di Novara e di altri piccoli mercati di cui le amministrazioni comunali si vogliono disfare, spesso hanno un valore urbanistico elevato, o che vengono ridimensionati affiancando di tutto: dal campo di padel al centro per i bambini. Alcuni progetti di trasferimento non sono andati in porto: vedi Trieste. Le criticità non sono prerogativa unica dei piccoli, ma toccano anche città metropolitane importanti come Napoli.

Scorre copiosa, invece, la contrapposizione in mercati di rilievo internazionale come Vittoria. Senza dimenticare un mercato piccolo ma di grande qualità per i prodotti che commercia come Vignola. Insomma o per disinteresse, altri interessi (vedi alla voce immobiliare) o molto spesso per mancanza di fondi una gran parte dei mercati vivono vita difficile.

Roma  finanzia piccoli e grandi (neanche tutti)

Si parla di riorganizzazione basata sulla promozione dei nodi strategici e centrali, ma poi a scorrere la graduatoria elaborata dai tecnici del ministero dell’agricoltura, beninteso hanno giustamente fatto il loro lavoro premiando la qualità dei progetti, oltre eccellenze riconosciute come i centri agroalimentari di Verona, Bologna e Fondi si trovano in graduatoria piccoli mercati.  Meritevoli senz’altro, pensiamo ai sei milioni di risorse europee del Pnrr  assegnati al Comune di Camaiore, mentre Andria ne ha a disposizione 4. Al contrario restano fuori mercati storici come il Mercafir di Firenze.

Il ministero non ha gestito il bando con logica di hub regionali

La logica degli hub di livello e scala regionale connessi in una piattaforma nazionale  è completamente assente nella logica del bando gestito dal ministero. E oltre la Gdo che ha eroso volumi significativi emergono e si consolidano sul territorio italiano piattaforme globali come Amazon Fresh – c’è da capire se nel medio termine nasceranno alleanze o si andrà alla competizione con i mercati tradizionali  – e altri protagonisti.

Il rapporto Ismea: più strutture ma meno affari

Una situazione chiaramente caotica. Ben evidenziata nello studio e riportato nella consueta nota stampa. “Il sistema italiano dei mercati all’ingrosso, come emerge dal rapporto presentato oggi al Cnel, è una realtà molto composita e frammentata, dove alla maggiore densità di strutture rispetto ai partner europei corrisponde un giro d’affari più contenuto, ma con un potenziale ruolo cruciale nel favorire un riequilibrio nella distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare”.

Le grandi potenzialità del sistema

Sarà banale ma oltre le evidenti ombre, ci sono anche le luci di una filiera di qualità e grande capacità di export.  A supporto Ismea utilizza i numeri di Italmercati: “Network costituito da una rete di 22 strutture, distribuite in 14 regioni italiane, quantifica un giro d’affari di 115 milioni, un valore che raggiunge la ragguardevole cifra di 11 miliardi se si considerano anche le attività delle 4mila realtà economiche operative nei mercati, tra distributori, aziende agricole, bar, ristoranti, facility provider e servizi accessori, con il coinvolgimento quotidiano di 26mila addetti”.

Ben posizionati: vicini a autostrade, aeroporti, porti, scali ferroviari

Come si evince dall’indagine, un asset strategico delle strutture aderenti a Italmercati è la loro ubicazione rispetto agli snodi logistici: tutte operano nelle immediate vicinanze di uno svincolo autostradale, oltre la metà nei pressi di un aeroporto, il 50% vicino a uno scalo merci ferroviario, quasi un quinto in prossimità di un porto commerciale. Una collocazione favorevole anche rispetto alle produzioni commercializzate, con molte strutture che operano all’interno di distretti agroalimentari o di areali di produzione di qualità riconosciuta (a marchio Dop-Igp), a riprova dello stretto legame con le imprese del settore primario.

Prodotto locale per un terzo degli orticoliun quinto della frutta

L’origine del prodotto che transita da questi hub commerciali è prevalentemente nazionale, con una quota rilevante di produzioni locali, provenienti cioè da una distanza massima di 100 km, ad eccezione delle carni, costituite per lo più da prodotti d’importazione. Più in dettaglio, le merci locali sono oltre la metà dei prodotti florovivaistici, un terzo degli orticoli e degli ittici, un quinto della frutta.

Frutta, verdura e energia da rinnovabili

I mercati contribuiscono anche alla produzione di energia rinnovabile, a Bologna il tetto fotovoltaico tra i più grandi d’Europa,  con il 60% delle strutture che ha investito in questo settore con l’installazione di impianti in parte finanziati dal Pnrr. La previsione è di arrivare, entro il 2026, a una quota di energia autoprodotta pari a quasi la metà del fabbisogno.

Tra i clienti dei mercati, la quota più consistente è rappresentata dai dettaglianti del circuito tradizionale (37%), seguiti dai retailer della distribuzione moderna (18%) e dei mercati rionali (17%). Rilevante anche la partecipazione di intermediari ed esportatori nazionali (11%) ed esteri (7%) e operatori del canale Horeca (6%), in particolare ristoratori, questi ultimi in crescita insieme a quelli della distribuzione moderna.

Pallottini: “Investimenti su un numero ridotto di mercati”

“La frammentazione del settore dei mercati all’ingrosso in Italia ha portato molte di queste strutture a perdere rilevanza e strategicità per il Paese e la visione d’insieme del settore. La rete di Italmercati nasce proprio dalla sentita esigenza di porre rimedio a tale frammentazione, per fare sistema e lavorare in sinergia con medesime caratteristiche e visione futura”.

Queste le parole del presidente di Italmercati Fabio Massimo Pallottini. “Per uno sviluppo del settore, è fondamentale infatti che le azioni politiche investano nei mercati all’ingrosso strategici del Paese: la nostra proposta cerca di individuare un numero – magari ridotto – di mercati strategici che garantiscano un sistema più efficace ed efficiente, non tralasciando i principali requisiti alla base di queste strutture: garantire ai consumatori servizi di tracciabilità e sicurezza alimentare”.

L’analisi e l’auspicio di Italmercati ci stanno, ma ci sono imprenditori, politici, ma anche cittadini e associazioni che non vogliono perdere il piccolo, seppure a bassa efficienza, mercato cittadino. Insomma ci sono interessi diffusi da prendere in considerazione.

Le proposte

Va bene lo studio per conoscere, ma poi che fare? Ecco la proposta illustrata da Pallottini che sottolinea “è già pronta ad essere implementata e condivisa con le istituzioni ed in particolar modo con il ministero dell’Agricoltura“. Sono quattro punti: Creare un network con cui condividere le politiche di settore sia a livello regionale che nazionale che possa accedere a linee di finanziamento che ne garantiscano l’evoluzione, sia delle strutture stesse che di chi ne opera all’interno.  Rafforzare il ruolo dei mercati come operatori della filiera, aumentando coinvolgimento e integrazione nel sistema della Gdo e la loro collaborazione con le Organizzazioni di produttori. Aprire un tavolo di lavoro sulla logistica.

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