A Macfrut oggi un interessante convegno organizzato dalla Soi – Società di Ortoflorofrutticoltura ha preso in esame limiti produttivi e opportunità del settore italiano del kiwi. Non può essere, questo, un resoconto puntuale – i lavori sono proseguiti nel pomeriggio e gli impegni per noi giornalisti, purtroppo, si sovrapponevano – ma una analisi qualitativa e sintetica sì. E le presentazioni saranno presto rese disponibili per i dettagli.
Come sottolineato dalla direttrice di Cso Italy, Elisa Macchi, la situazione italiana si caratterizza per alcune criticità subite soprattutto dai frutti a polpa verde: tra clima, difficoltà sanitarie che compromettono la produttività degli impianti e la Grecia che, grazie ai nuovi investimenti e ai costi di produzione più bassi, va a occupare nostri spazi. Senza trascurare che l’Italia è il più grande importatore di kiwi greco, un problema che diventa pratica sleale quando viene naturalizzato e venduto come made in Italy.
Secondo aspetto da non sottovalutare: dietro l’angolo ci sono la Turchia e l'Iran che crescono e vogliono affacciarsi su i mercati loro vicini, Est Europa ed Emirati in primis.
Gli equilibri mondiali cambiano. Lo ha evidenziato nel suo intervento Fabio Lunati di Nomisma: da un lato la crescita della Spagna, dall'altro la Grecia che si dimostra un player importante. Sempre leader delle riesportazioni, poi, Belgio e Olanda. E tutto il mondo guarda all’Asia, all’Estremo oriente, per le maggiori potenzialità. E intanto l'Italia in alcuni Paesi non può ancora esportare: le chiamano barriere fitosanitarie, ma sono le solite barriere doganali. E intanto aspettiamo i protocolli con il Giappone.
Un altro mercato interessante è rappresentato dagli Stati Uniti, nel quale tutti stanno tentando di entrare anche se finora domina il Cile.
Riassumendo: se l'Italia saprà organizzare meglio le carte, contando anche su interventi ministeriali, potrebbe trovare sollievo dall'apertura di nuovi mercati. Su questi aspetti si è soffermato Luigi Catalano: non abbiamo protocolli di scambio, anche a causa di inefficienze a livello ministeriale. Di più ministeri, perché si passa dalle Politiche agricole, alla Salute al Commercio. Il Cso Italy, dal canto suo, ha diversi tavoli aperti, ma il sistema Italia non sembra così efficace, ed efficiente, come la Spagna. Giusto per fare un esempio.
Alessandro Palmieri ha fatto i conti. Sui costi di produzione: gli impianti italiani di kiwi verde sono sempre meno efficienti con rese per ettaro non elevate e, con questi trend, è difficile ripagare i costi. Con il kiwi giallo il collocamento sul mercato è più interessante. Ma ricordiamoci che la coltura richiede 60mila euro/ha di investimento iniziale con quote di ammortamento importanti. E' vero che il kiwi giallo è in mano a pochi player, però se non c’è efficienza vegetativa e produttiva – e una buona organizzazione aziendale – le cose si complicano per tutti. E i costi non si coprono. Nemmeno al sud, dove i costi di produzione sono più bassi per via della manodopera meno costosa. Senza dimenticare che siamo in un quadro di totale incertezza: con l'aumento dei costi delle materie prime, dei fertilizzanti, dei trasporti.
Una lezione di marketing, poi, è stata quella di Roberto Della Casa, che più volte ha citato il mondo delle mele. Ogni giorno nasce un brand, una nuova varietà che diventa un nuovo club. Tutti vogliono governare la produzione, e tutti si ritrovano uno contro l’altro, perché la distribuzione non dà spazio a tutti. Attenzione ai conti, allora, perché nel settore del kiwi assistiamo a una proliferazione di nuove varietà e nuovi gruppi, ma c'è sempre solo un player internazionale, assoluto “padrone del vapore”. Con le nuove varietà bisogna preparare bene il mercato, studiare il collocamento prodotto, chi sono i competitor, le prospettive di mercato, altrimenti si rischia di banalizzare l'innovazione, deludere gli imprenditori e lottare tra piccoli, mentre il dominatore – appunto – resta lo stesso. Il mondo della frutta non ha mai creato grandi aggregazioni e il kiwi, per l'importanza che ha a livello di trading mondiale, potrebbe essere un prodotto con strategie (finalmente) condivise.