06 gennaio 2013

Kiwi. Italia leader nel mondo ma a prezzi troppo bassi

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Frammentazione della produzione interna, mancanza di sistema, scarsa concentrazione dell’offerta: sono questi i problemi principali, soprattutto sui mercati esteri, che affliggono uno dei settori più forti della frutticoltura italiana, vale a dire quello del kiwi.
Se ne è occupato il Sole24Ore sabato 5 gennaio, raccogliendo le opinioni di Alessandro Fornari, presidente di Kiwifruit of Italy (che Myfruit ha intervistato ad agosto poco dopo la nascita della nuova società consortile costituita da Spreafico, Naturitalia, Salvi-Unacoa, Granfrutta Zani, Frutta C2, Orogel Fresco, PempaCorer-Terremerse, Minguzzi e Consorzio Kiwigold), Furio Mazzotti, direttore della Compagnia italiana della frutta e depositaria del marchio “Made in Blu” e Paolo Bruni, presidente del Cso.
Nonostante l’Italia sia il secondo paese produttore al mondo, dopo la Cina, di kiwi, con una produzione media intorno alle 400mila tonnellate (di cui il 70% destinata all’export) con un valore all’origine stimato tra i 400 e i 500 milioni di euro, non brilla per il prezzo con il quale finisce sui mercati internazionali, troppo bassi se non addirittura stracciati, spesso indistinto e perdendo quel valore aggiunto che il made in Italy gli dovrebbe, invece, dare.
Se Fornari lamenta la mancanza di politiche commerciali come Paese, Mazzotti punta il dito sulla frammentazione italiana dell’offerta caratterizzata dall’esistenza di produttori troppo piccoli che spesso sono costretti a tenere bassi i prezzi. Infine, Bruni, sottolinea l’importanza di fare sistema abbandonando sigle e appartenenza, come avvenuto in altri settori.

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