Nel 2021 il cibo diventa la prima ricchezza dell'Italia per un valore di 575 miliardi di euro con un aumento del 7% rispetto all'anno precedente e nonostante le difficoltà legate alla pandemia.
Si è aperto con questo dato della Coldiretti il 19esimo Forum internazionale dell'Agricoltura e dell'Alimentazione organizzato dalla Confederazione con la collaborazione dello studio The European House-Ambrosetti, a Villa Miani a Roma. Una due-giorni per fare il punto con rappresentanti istituzionali, delle forze sociali e dell'imprenditoria sui temi correlati alla tavola, all'ambiente, alla salute e all'economia.
Il made in Italy a tavola vale oggi quasi un quarto del Pil nazionale e dal campo alla tavola vede impegnati 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio.
Ed è record anche nelle esportazioni con 52 miliardi a fine anno, se sarà mantenuto il trend di aumento del 12%, secondo proiezioni di Coldiretti sulla base dei dati Istat nei primi nove mesi del 2021. Tra i principali clienti del tricolore a tavola a oggi ci sono gli Stati Uniti che si collocano al secondo posto con il 17% in più, dopo la Germania (+7%) e la Francia stabile al terzo posto (+7%).
Prezzi, 4,8 milioni di italiani a rischio povertà alimentare
Secondo il primo Rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani nel post Covid, sono almeno 4,8 milioni gli italiani a rischio di povertà alimentare nei prossimi mesi, persone che hanno tenuto in pandemia bilanciando i tagli tra entrate e spese e che oggi hanno un budget dagli equilibri precari e risicati.
In una situazione resa difficile dalla pandemia basta un rialzo dei prezzi beni alimentari a rendere a una larga fascia della popolazione molto difficile garantire i pasti sempre e comunque. A questi si aggiunge peraltro un 17,4% di italiani già consapevole che dovrà restare ancorato alle sole spese basic, tra casa e alimentazione, per la paura di non farcela. Un esito nuovo imprevisto della pandemia, con la società italiana che si ritrova improvvisamente a dover fare i conti con l’effetto valanga determinato sul carrello dall’impennata dei costi energetici.
Un balzo che spinge l’inflazione trasferendosi sui costi di produzione e sui bilanci delle imprese, dai carburanti ai fertilizzanti, dalle macchine agli imballaggi fino ai mangimi per alimentare il bestiame. Ma i rincari dell’energia – continua la Coldiretti – si abbattono pure sui costi di produzione come quello per gli imballaggi.
A caccia di contadini il 79% degli italiani
Il Rapporto rivela poi come, dai mercati contadini fino al web, la pandemia abbia spinto quasi otto italiani su 10 (79%) a cercare di instaurare un rapporto stabile con un agricoltore per garantirsi cibo sicuro, sano e di qualità.
Per non rinunciare a portare in tavola cibi a km 0 nonostante le restrizioni legate all'emergenza sanitaria, i consumatori hanno sviluppato la tendenza a combinare gli acquisti on line, con la spesa recapitata a casa, a quelli fisici, recandosi nei mercati contadini che hanno continuato a restare aperti al netto delle difficoltà causate dal Covid.
Il risultato è che il valore della vendita diretta dagli agricoltori è salito a 6,5 miliardi di euro e coinvolge ormai oltre un'azienda agricola su cinque.
“La vendita diretta nei mercati contadini non è solo un nuovo modello agricolo, ma anche una leva per responsabilizzare e trainare la filiera verso i valori di trasparenza, valorizzazione dell'origine territoriale e del prodotto locale, consumo consapevole, lotta agli sprechi”, ha detto il presidente di Coldiretti, Cesare Prandini.
L'88% degli italiani disposto a pagare di più il cibo sostenibile e km 0
L’88% degli italiani è disposto a pagare di più per il cibo sostenibile che non inquina, prodotto con logica da economia circolare, l’83% lo farebbe per avere prodotti tracciabili e il 73% per acquistare una specialità proveniente da un determinato territorio. Insomma, nonostante campagne di marketing aggressive che cercano di far passare come green alimenti ipertecnologici, Coldiretti/Censis spiegano come in tempo di pandemia gli italiani continuino a identificare il cibo sostenibile con quello tipicamente italiano. Non a caso, nella scelta degli acquisti la social reputation delle aziende produttrici è importante per il 90% dei consumatori, e per il 50% di questi decisiva, con la componente essenziale della buona reputazione che viene identificata nella sua territorialità.
E il legame con un determinato territorio si lega – continuano Coldiretti/Censis – in modo inestricabile alla tutela della salute, ovvero all’idea che certi cibi, per modalità con cui sono prodotti e distribuiti oltre che per caratteristiche organolettiche, sono più funzionali alla buona salute. La tipicità territoriale non è un sovranismo a più bassa intensità, ma è la modalità molto pragmatica attraverso cui gli italiani riconoscono il cibo buono, sicuro, salutare, rispettoso di codici etici e di tutela ambientale
Al netto dei cambiamenti avvenuti durante i periodi più difficili della pandemia, secondo il rapporto Coldiretti/Censis le abitudini alimentari degli italiani, nel breve come nel medio-lungo periodo, si svolgeranno dunque nei binari del modello alimentare tipicamente italiano. “L’agroalimentare made in Italy anche nella pandemia ha dimostrato la capacità di guardare al futuro”, ha commentato Prandini nel sottolineare che “dalla transizione ecologica a quella digitale, siamo consapevoli del ruolo e della responsabilità che ogni agricoltore ha davanti a sé per soddisfare la domanda di trasparenza, qualità e legame con territorio che viene dalla società italiana”.
Stop agli sprechi
Non solo. La pandemia ha reso gli italiani più sensibili agli sprechi, con il 94% che è diventato attento a evitare di buttare nella spazzatura gli alimenti che acquista. E’ un'altra evidenza del Rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani nel post Covid .
L’attenzione a non gettare il cibo sembra rientrare tra le abitudini emergenziali destinate a rimanere, a partire dall’usanza di portare la gavetta in ufficio, magari utilizzando gli avanzi della sera prima. Il 57% degli italiani continua a portarsi il pranzo da casa per consumarlo sul posto di lavoro a distanza di sicurezza dai colleghi.
Al contrario, paiono rientrare alcune consuetudini alimentari che i lunghi periodi di lockdown e le misure di restrizione avevano spinto, come la preparazione fai da te dei piatti. Arretrano anche i prodotti confezionati che in piena pandemia avevano fatto segnare un incremento dell’8%. Al contrario, decolla il fresco, ad esempio l’ittico (+27% nel primo semestre 2021), a testimonianza quindi di un primo ritorno alle vecchie abitudini. Ma crescono anche i “prodotti ricompensa”, soprattutto nel comparto delle bevande, dove la spesa è ulteriormente cresciuta (rispetto al 2020) del 7,7%.