26 ottobre 2023

L’inflazione riduce i consumi alimentari, i numeri dell’Istat

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Sulla riduzione di consumi dii frutta e verdura, ma pure sulla crescita di negozi specializzati in ortofrutta a prezzi ridotti, non tutti sono d’accordo nell’attribuire un peso importante all’inflazione. E’ vero che c’è un processo di impoverimento del ceto medio che perdurare da anni, ma le dinamiche inflattive incidono sul peso e la combinazione del carrello della spesa. Lo spiega l’Istat nell’ultimo rapporto dedicato alla povertà. Già dal titolo: “In crescita la povertà assoluta a causa dell’inflazione“.

L’analisi dell’Istat: più inflazione e meno spesa

L’inflazione non colpisce tutti allo stesso modo, ma i numeri complessivi rilevano l’ampia fascia di disagio economico e l’incidenza del fenomeno: “Nel 2022 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% dell’anno precedente). Questo peggioramento è imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell’inflazione“.

L’istituto nazionale sottolinea il fenomeno e offre i numeri più rilevanti: “In larga misura l’aumento osservato è imputabile alla forte accelerazione dell’inflazione registrata nel 2022 (+8,7% la variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo), il cui impatto è risultato particolarmente elevato per le famiglie meno abbienti (+12,1%)”. Le conseguenze? “Queste famiglie non hanno tenuto il passo dell’inflazione, determinando un calo in termini reali della loro spesa equivalente del -2,5 per cento“.

Si soffre soprattutto al sud e nelle famiglie con più di tre figli. Non cresce la povertà relativa: “Nel 2022 le famiglie in condizioni di povertà relativa sono oltre 2,8 milioni (10,9%, stabile rispetto al 2021), per un totale di 8,6 milioni di individui (14,8%, stabile rispetto all’anno precedente).

 Le strategie di risparmio delle famiglie: meno cibo e di minor qualità

La reazione alla povertà acuita dall’inflazione? “Le famiglie hanno posto in essere strategie di risparmio per far fronte al forte aumento dei prezzi che ha caratterizzato il 2022, in parte grazie a quanto accumulato negli anni di crisi dovuta al Covid. Nel 2020 e nel 2021, infatti, il tasso di risparmio lordo delle famiglie consumatrici è stato, rispettivamente, del 15,6% e del 13,2%, prima di ridiscendere ai livelli pre-Covid attestandosi attorno all’8 per cento”.  Per fortuna si è risparmiato nel biennio della pandemia.

Il risultato a livello di consumi? “Si è trattato anche di modificare le proprie scelte di acquisto, in particolare nel comparto alimentare”. Un dato rilevante, eccolo più nel dettaglio: “Il 29,5% delle famiglie intervistate nel 2022 dichiara, infatti, di aver provato a limitare, rispetto a un anno prima, la quantità e/o la qualità del cibo acquistato. Comportamento che trova conferma anche nei dati Istat sul commercio al dettaglio, che registrano in media, nel 2022, per la vendita di beni alimentari, un aumento tendenziale in valore (+4,6%), soprattutto nei discount, e una diminuzione in volume (-4,3%)”. Statistiche che confermano non solo una riduzione della quantità ma pure della qualità quindi anche il cambiamento dei canali di acquisto.

Il peso dei cambiamenti climatici nel 2023

Per il  2023 c’è da dire che all’aumento dei prezzi dato dalle dinamiche inflattive, ci sono economisti ma pure  il Fondo monetario internazionale che attribuiscono ai profitti il 45% dell’aumento dei prezzi in Europa nel 2022, si sommano le criticità dei cambiamenti climatici. Alluvione in Emilia Romagna, grandinate in tutta Italia, maltempo in generale hanno provocato una rilevante contrazione nella produzione con conseguente diminuzione dell’offerta e aumenti dei prezzi.

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