“Abbiamo aggiunto un importante tassello nella gestione delle nostre filiere agricole, un percorso iniziato nei primi anni del nuovo Millennio convinti che investire nel settore agricolo sia il modo migliore per rispondere alle esigenze di un mercato sempre più attento e specializzato”. Luca Battaglio, amministratore delegato della Battaglio Spa, commenta così l’accordo con la famiglia Corrales per l’acquisto di un’azienda agricola di 500 ettari in una delle zone più vocate per la produzione di ananas in Costa Rica.
Lo sbarco nel cantone di San Carlos è l’ultima tappa di un viaggio intercontinentale che ha portato il gruppo a radicarsi in Colombia (avocado), Argentina (pere e mele) e Sudafrica e sud Italia (agrumi).
“Ogni nostra collaborazione nasce dalla conoscenza dei migliori luoghi di produzione e da consolidati rapporti con imprenditori locali costruiti negli anni, di cui siamo orgogliosi. E nel caso del Costa Rica c’è stata una evoluzione di un rapporto che ha permesso di dare vita a una partnership strategica in un settore che offre grandi opportunità di crescita”, spiega Battaglio.
Investimenti strategici per un’azienda che ha fatto dell’importazione della frutta esotica e nel prodotto contro-stagione il suo core-business. “Grazie a progetti, condivisi con partner locali, possiamo contare su una superficie coltivata che supera i 2.000 ettari”. Investimenti – compresi i fondi già stanziati che permetteranno di utilizzare l’intelligenza artificiale per selezionare le banane mature – resi possibili da una costante crescita aziendale nel corso degli anni e che ha permesso di chiudere il 2024 con un bilancio aggregato di 380 milioni di euro.
Sfida impossibile agli spot degli snack
Numeri che potrebbero crescere ulteriormente sfruttando il cambiamento degli stili di vita dei consumatori che premiano i prodotti salutisti.
Il condizionale è d'obbligo perché, in realtà, il consumo di frutta, almeno in Italia, per il momento è stabile. Una tendenza sicuramente non uniforme, ma che occorre cercare di invertire.
“Il nostro mondo – prosegue Battaglio – deve imparare a comunicare la bontà della frutta, perché non bastano le indicazioni dei medici che ne sostengono la salubrità. Noi ci impegniamo a farlo, anche con dei corsi di educazione nelle scuole della provincia di Torino, cercando di competere con la forza dell’industria alimentare e delle sue campagne milionarie per gli snack e altri prodotti processati”.
“Siamo però ancora un po’ troppo frammentati, purtroppo, e abbiamo poco impatto; per questo aiuterebbe una campagna nazionale dei ministeri dell’Agricoltura e della Salute in grado di trasmettere storie, sensazioni ed emozioni”.
I nuovi spazi per uffici e magazzini
Tempi e modi di questa pianificazione, naturalmente, sono incerti. “Chi fa impresa non può aspettare Godot, ma cogliere le opportunità”.
In questo schema di gioco, allora, si ritorna alle porte di Torino, cioè a Rivalta (nella foto sopra), dove si stanno completando i lavori dell’allargamento degli uffici e perché, tra il 2026 e il 2027, partiranno i cantieri per l’ampliamento del magazzino. “Abbiamo utilizzato una progettazione che grazie alla tecnica del digital twin (gemello digitale, ndr) ci permetterà di ottimizzare flussi logistici e capacità produttiva, riducendo così i costi operativi e aumentando la flessibilità degli spazi”.
Un algoritmo per selezionare le banane
Il cuore di questa evoluzione sarà una nuova linea produttiva completamente automatizzata che, grazie all’uso dell’intelligenza artificiale, permetterà il riconoscimento dell’immagine per l’identificare il grado di maturità raggiunto dopo la fase di maturazione in cella. L’uso di un algoritmo di valutazione del colore del frutto permetterà di triplicare la capacità produttiva, eliminando gli errori delle operazioni manuali.
Made in Italy e concorrenza spagnola
“Siamo bravi, ma non siamo in grado di fare sistema: ci sono troppe produzioni in tante regioni, mentre si dovrebbe puntare sulle aree vocate come ha fatto la Spagna. Il risultato? Noi esportiamo per oltre cinque miliardi, Madrid il triplo”.
Niente investimenti in Italia, allora? Certo che sì: stiamo crescendo con l’azienda Agricola Don Camillo, che coltiva e commercializza zucche, angurie, meloni e agrumi. “Con loro stiamo portando sulla tavola degli italiani nuove varietà per ampliare il periodo di commercializzazione, in particolare delle clementine. Riteniamo che questo sia l’unico modo per far tornare competitivo il mercato italiano dipendendo meno dalle produzioni spagnole”.
Dazi e green deal: no ai fondamentalismi
E poi ci sono i fattori esterni. La sostanziale chiusura del canale di Suez per il conflitto in corso nel Medio Oriente, almeno per la Battaglio, ha comportato rallentamenti delle forniture dovuti alla scarsità di container impegnati in lunghi percorsi, e un conseguente aumento dei costi dei trasporti.
Ma sui mercati internazionali cresce l’incertezza e il manager guarda con preoccupazione agli “eco-fondamentalismi” e predica il “buon senso che sta portando a livello europeo alla revisione del green deal”.
Dal suo punto di vista, applicare il buon senso significa prendere atto che gli effetti del cambiamento climatico ci sono e che “stanno complicando la programmazione dei volumi delle merci”. Che fare, allora? “La nostra attenzione è stata la scelta di diversificare i paesi da cui importare, ma dobbiamo anche essere veloci nella ricerca di quelle varietà di piante più resilienti alla carenza di acqua o alle malattie”.
E poi ci sono i dazi di Trump. Battaglio la vede così: “Usare i dazi in modo offensivo per indebolire potenziali concorrenti e trarne un vantaggio è sbagliato, ma le barriere doganali possono servire per tutelare il prodotto nazionale”.