20 maggio 2015

Le mele sono “sostenibili”, ma pochi lo sanno

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Nonostante la produzione di mele in Italia negli ultimi 10 anni abbia fatto registrare un netto miglioramento in termini di sostenibilità della produzione, dovuto ad un utilizzo più attento degli agrofarmaci e all’impiego di tecniche come la confusione sessuale per il controllo degli insetti, la percezione dei cittadini sulla loro sostenibilità è peggiorata.

Lo rileva l’Osservatorio sulla sostenibilità della mela italiana, la prima indagine strutturata sul tema della sostenibilità delle produzioni agricole, realizzata dalla società Agri2000 di Bologna, condotta in collaborazione con l’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari e con la sponsorizzazione di Adama. “C’è un evidente deficit di comunicazione tra produttori e consumatori”, commenta Camillo Gardini, presidente di Agri2000 e curatore della ricerca. Vuol dire che la comunicazione non è stata sufficiente e che bisogna da ora in poi puntare con determinazione sulla qualità e sull’intensità della comunicazione”.

Dalla ricerca, che ha coinvolto un doppio campioni di melicoltori e consumatori è emerso come la presenza di coltivazioni di mele vicino ai centri abitati sia vista in maniera negativa dai residenti: la percezione è negativa per il 19% del campione, percentuale che sale a 29% se si prendono a riferimento solo i produttori del Trentino Alto Adige, principale area produttiva italiana. Il giudizio negativo è originato in gran parte (68%) dalla presenza di trattamenti fitosanitari vicino a nuclei urbani.

Ma la conferma di come la comunicazione circa la sostenibilità della filiera melicola sia fondamentale, secondo gli autori della ricerca arriva dalla seconda fase dell’indagine, quella rivolta a un campione di cittadini italiani, in prevalenza giovani e con un livello di istruzione medio-alto, vale a dire i più attenti alle nuove tendenze di acquisto. Oltre a dimostrare di essere ben informati sul prezzo medio in commercio e le varietà esistenti, dopo aver conosciuto alcuni elementi che caratterizzano la filiera – gli oltre 30.000 posti di lavoro, i controlli restrittivi sulla salubrità del prodotto, la difesa dall’erosione del suolo, la manutenzione del paesaggio rurale, i riconoscimenti Dop e Igp, la diffusa presenza di piccole aziende a conduzione familiare – è però cresciuto il loro giudizio positivo .

“Se i produttori di mele hanno intrapreso con determinazione la strada della produzione sostenibile – conlcude il presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari Giorgio Mercuri – occorrerà ora sforzarsi per trasferire ai consumatori i risultati positivi fin qui ottenuti. Come è emerso dall’Osservatorio, la corretta informazione incide in maniera determinante sul modo in cui i consumatori percepiscono il valore e l’impatto sociale ed ambientale di una determinata produzione agricola”.

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