21 ottobre 2016

Legge contro il caporalato. La delusione del mondo agricolo

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Si poteva fare meglio e di più. Le reazioni del mondo agricolo dopo l'approvazione alla Camera del ddl contro il caporalato (vedi qui) sono solo in parte positive, anzi, sono forse più le sottolineature di ciò che non piace che non il contrario.

Se le reazioni di Coldiretti, Sindacati e Governo sono state in modo unanime entusiaste dopo l'approvazione della legge del 18 ottobre, dal mondo agricolo i commenti sono positivi solo sul piano generale, ma completamente negativi quando si scende nel dettaglio. Il motivo? Non ce n'è uno solo, anche se il punto principale riguarda la sanzionabilità, con confisca dei beni, non solo ai “caporali” o agli intermediari ma anche ai datori di lavoro per infrazioni definite dagli stessi lievi o che comunque nulla hanno a che fare con il reale sfruttamento dei lavoratori assimilabile a caporalato.

Il 19 ottobre, per esempio, sono arrivate le dimissioni di Giacomo Suglia – produttore di uva da tavola di primo piano in Puglia – dalla carica di presidente di Apeo, vale a dire l’associazione dei produttori ed esportatori ortofrutticoli con sede a Bari che riunisce importanti imprese pugliesi del comparto. La motivazione principale risiede nel mancato confronto con le istituzioni circa il rischio di commettere reati da parte delle aziende per piccole irregolarità sulle norme di sicurezza.

Sullo stesso punto si è espressa anche Agrinsieme, il coordinamento tra Cia, Confagricoltura, Copagri e Aci agroalimentare, che pur condividendo “lo spirito della norma” si dice preoccupata per il fatto che esso non sia stato poi tradotto all'interno della norma. In particolare, sottolinea Agrinsieme, “nella parte in cui si individuano gli indici di sfruttamento del lavoro, infatti, non si è operata la dovuta distinzione tra reati gravi/gravissimi e violazioni, anche solo meramente formali, della legislazione e sul lavoro e della contrattazione collettiva. Ciò determinerà una totale discrezionalità da parte di chi è deputato all’applicazione della legge, in primis gli ispettori del lavoro e a un secondo livello la stessa magistratura, considerata la mole importante di contenzioso che presumibilmente si andrà a produrre”.

Secondo Confagricoltura Bari l'approvazione della legge contro il caporalato “evidenzia, ancora una volta, come la gestione delle normative che riguardano il lavoro, soprattutto agricolo, risenta di stati umorali che nulla hanno a che vedere con la reale necessità, espressa tanto dai lavoratori quanto dalle aziende, di reprimere le forme delinquenziali del caporalato e dare chiarezza e certezze a quanti vogliono lavorare nella legalità e con tranquillità”. Anche in questo caso si sottolinea come “la nuova normativa non opera distinzioni tra i “caporali” e le aziende che ne utilizzano i servigi e quanti, invece, commettono infrazioni anche lievi alle regole contrattuali; l’estrema discrezionalità di valutazione del reato, concessa agli organi di controllo, espone tutte le aziende ad azioni punitive che vanno dall’arresto immediato alla confisca dei beni compreso il frutto pendente. Tra l’altro, dulcis in fundo, non viene nemmeno chiarito a fondo il ruolo delle agenzie interinali, soprattutto non viene chiarito quali sono le garanzie di regolarità che tali strutture debbano dare agli imprenditori che ad esse si rivolgono per il reperimento di manodopera soprattutto nelle grandi campagne”.

Confagricoltura Palermo parla di “caccia alle streghe, dove la strega è l'azienda agricola” commenta il suo presidente Ettore Pottino. “Questo automatismo che coinvolge i titolari dell'azienda agricola nelle responsabilità penali anche per lievi infrazioni e l'identificazione degli stessi con il reato di caporalato comportano un clima di terrore. Si diventa vulnerabili a interpretazioni discrezionali degli inquirenti e degli organi di polizia. Mere procedure formali che riguardano, per esempio, comportamenti sulla sicurezza sul lavoro o difformità lievi sulle buste paga – continua Pottino – possono diventare perseguibili penalmente, invece si tratta di fatti marginali che non possono essere paragonabili alla condotta del caporale che assume in nero i lavoratori».

Anche dal mondo industriale, sebbene i toni siano altri e di sostanziale approvazione della legge, arriva l'evidenziazione di alcuni rilievi da prendere in considerazione nella sua attuazione. Di questo avviso è per esempio Antonio Ferraioli, presidente di Anicav, vale a dire l'associazione nazionale conserve alimentari vegetali, che sottolinea come il caporalato rappresenti “un elemento di grande criticità per la filiera del pomodoro da industria e in particolare per l’industria di trasformazione che, costituendo l’interfaccia diretta con il consumatore finale, vede continuamente messi sotto accusa i propri prodotti, con una conseguente perdita di competitività rispetto ai nostri competitors internazionali, soprattutto sui mercati del Nord Europa”.  Condivisione dell'impianto della legge, quindi, anche se “bisognerà, tuttavia, verificarne attentamente l’attuazione al fine di evitare rigidità ed appesantimenti che rischierebbero, come paventato da gran parte della rappresentanza agricola, di penalizzare la maggioranza delle aziende sane”.

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