«La sostenibilità? È ormai un tema centrale, cruciale per tutti: produttori, distributori e consumatori. Ma deve essere affrontato con coerenza e trasparenza».
Luigi Rubinelli è uno dei giornalisti e critici più noti presenti nel mondo del retail e della grande distribuzione e difficilmente evita di affrontare argomenti anche scomodi. Quello della sostenibilità è sì uno dei temi più gettonati del momento, ma al tempo stesso è anche uno di quelli che più di altri si presta a fenomeni di greenwashing e carenza di concretezza.
Se vogliamo, va in questa direzione il curioso, solo apparentemente poiché atipico per il settore, sciopero che Retailwatch.it, il giornale on-line fondato e ideato proprio da Rubinelli, ha proclamato tra fine agosto e inizio settembre “contro le catene di supermercati, l’industria di marca e gli operatori dell’e-commerce come Amazon per protestare contro il mancato decollo delle politiche di sostenibilità ambientale e sociale”.
Sette giorni senza lavoro redazionale, senza approfondimenti, senza interviste. Obiettivo: cercare di sensibilizzare i principali attori della filiera ad affrontare realmente, concretamente e con maggior incisività i cambiamenti ambientali in atto.
La sostenibilità va affrontata verticalmente nella filiera
E la parola “filiera”, secondo Rubinelli, quando si parla di sostenibilità, non è affatto secondaria, anzi, forse è il vero nodo da affrontare. «I temi della sostenibilità vanno visti verticalmente nella filiera perché stanno cambiando molte cose – ci spiega –. L’uso degli agenti chimici, ad esempio, deve essere indicato tanto dal produttore nelle consegne e nei contratti con la Gdo, quanto nella confezione diretta, se c’è il nome del produttore, o indiretta, se c’è quello del distributore».
Ma chi deve dare la spinta maggiore nell’affrontare concretamente il tema della sostenibilità? Produzione o distribuzione?
«Tutti e due. Il contratto annuale che fanno è paritario. In termini di sostenibilità non si possono fare delle differenze. Abbiamo i mesi contati su questo tema. Il clima è sempre più incontrollabile. È una questione di sensibilità e sensibilizzazione verso questi temi da parte di tutta la filiera. Produzione e distribuzione devono posizionarsi sul consumatore e sulla sostenibilità, il che significa che devono veramente cambiare mentalità. Basta con i contratti pieni zeppi di termini tecnici: mettete al centro la sostenibilità, sotto ogni punto di vista, quella economica, ambientale e sociale».
Sostenibilità fa rima con salute e benessere, specie nell'ortofrutta
Nel caso dei prodotti freschi, a partire da frutta e verdura, secondo Rubinelli il tema della sostenibilità va a braccetto con molti fattori, ma soprattutto con uno: «Salute e benessere delle persone. Puoi enfatizzare la stagionalità di un prodotto, il suo essere a Km 0, ma quando si parla di fresco e di frutta e verdura in particolare, il consumatore vuole sapere, realmente, se quel prodotto è fatto bene e fa bene». Non è un caso, quindi, che il biologico sia riuscito a intercettare questa esigenza e a rappresentare in modo coerente le esigenze di sostenibilità richieste dal mercato. «Sì, produrre secondo i dettami dell’agricoltura biologica è oggi un punto di forza, ma le stesse misure che vengono prese in considerazione per questi prodotti dovrebbero ormai entrare a far parte di tutti i prodotti».
Scavare e approfondire tra l’essenza della sostenibilità, secondo Rubinelli, significa anche occuparsi di temi come quello della logistica: «La sostituzione del packaging interessa anche la formazione dei pallet. Come viene governata questa cosa? Se analizzi le diverse categorie merceologiche trovi aspetti differenti e la logistica è fondamentale, sia quella che va dal produttore al distributore che quella che va dal distributore al singolo punto vendita e poi a casa delle persone con l’e-commerce».
Più trasparenza, più comunicazione
Insomma, ci sono tanti gradini quando si parla di filiera e ognuno dovrebbe fare la sua parte, magari collaborando, per affrontare realmente il tema della sostenibilità: «Tutti e tre i livelli – economico, ambientale e sociale – devono essere esplicitati quando si affronta il tema della sostenibilità, in un ottica di completa trasparenza. Se vogliamo che realmente il punto vendita sia quel medium che tutti dicono, è necessario che la filiera sia il più trasparente possibile, senza sotterfugi». Qualche esempio? «I prodotti a marchio, spesso, siano essi di fantasia o con il nome dell’insegna recano “prodotto per conto di XY da” e a volte troviamo il numero dell’iscrizione alla camera di commercio o solo il nome dello stabilimento con indirizzo e codice postale. Questa è trasparenza? Questa non è filiera. La filiera va, diciamo, “smascherata”».
Ma lo sciopero, poi, come è andato? «Molto bene, ho ricevuto molti attestati di stima e inviti da parte di molti esponenti delle aziende e della grande distribuzione. Ma tutti hanno chiesto di non comparire. E invece tutti dovremmo metterci la faccia quando si tratta di ambiente e del futuro dei nostri figli».