Cinquant’anni fa Malvino Cervati cominciò la sua attività di produttore e commerciante di aglio. Un anno dopo con un furgoncino lo stava già portando direttamente nei mercati di Monaco di Baviera per le prime consegne fuori dall’Italia. Altri tempi, ma quella storia, che poi è anche quella che sta alla base dell’attuale Malvi Cervati (“Malvi” è il dimimutivo di Malvino) è continuata e verrà raccontata attraverso un libro che sarà pronto a breve, insieme a quella di un prodotto come l’aglio che ha nel Polesine una delle sue culle italiane di qualità. «L’idea del libro, che distribuiremo ai nostri clienti e fornitori, nasce per festeggiare i cinquant’anni dell’azienda. Verrà stampato in italiano e in inglese e vuole essere anche un modo per raccontare la tipicità e le caratteristiche di un prodotto come l’aglio» ci racconta Roberto Cervati, figlio di Malvino, entrato in azienda nel 1993.
Oggi Malvi Cervati, con sede a Villadose in provincia di Rovigo, è una solida realtà che produce quasi 400 tonnellate di aglio italiano. «Circa trenta nella nostra zona e poi in altri areali di pregio italiani, come a Sulmona in Abruzzo piuttosto che a Voghiera in Emila Romagna». E poi l’importazione e distribuzione di aglio che proviene dall’estero. In totale l’azienda confeziona 7000 tonnellate di aglio, per l’80% destinate ai mercati esteri. «Lo esportiamo in tutta Europa, ma la Germania è sicuramente il nostro mercato più importante». La Gdo è il principale canale distributivo con clienti che portano il nome di Edeka per il prodotto biologico e Lidl per quello convenzionale. «L’aglio biologico, sostanzialmente di provenienza argentina e spagnola, sta riscuotendo molto successo da 5 o 6 anni a questa parte e lo consegnamo tutto in Germania. Una crescita, ogni anno, del 20/30%, siamo arrivati a 500 tonnellate di prodotto».
Negli 8000 metri quadrati di capannoni dell’azienda c’è spazio naturalmente anche per l’aglio cinese, poco richiesto dal consumatore italiano, molto tradizionalista, ma ben accetto nel resto dei mercati. E non è tutto uguale. «Nel 2001 abbiamo cominciato ad importare anche dal Sud Est della Cina, dalla regione dello Yunnan, al confine con il Laos. Si tratta di un aglio monobulbo di grande qualità: più dolce, più facile da digerire, che sta ricuotendo un ottimo successo sul mercato europeo».
Un’azienda in fermento anche sul fronte della sperimentazione e delle novità di prodotto: a partire dall’aglio nero. «Ci stiamo lavorando e siamo già a buon punto tanto che con una catena della grande distribuzione siamo oramai alla fase finale con gli audit già quasi terminati e tutti positivamente». Di che cosa si tratta? «È un aglio argentino fermentato in appositi forni per 30 giorni. Il risultato che si ottiene, oltre che nel colore finale (marrone all’esterno, nero all’interno) è una consistenza differente, molto più molle. Un aglio anche da spalmare sul pane, molto dolce al gusto. E fa anche molto bene alla salute, perchè i valori nutrizionali e salutistici che già l’aglio porta con sé si esaltano ancora di più».