In alcuni dei migliori ristoranti della Costa Azzurra, tra cui il Mirazur di Mentone (3 stelle Michelin) ma non solo, quel sapore unico che le mandorle sanno dare a molti piatti proviene direttamente dall’Alta Murgia, e in particolare dall’azienda Armienti di Poggiorsini (Bari), pioniera del biologico già negli Anni Ottanta e oggi sostenitrice di una vera e propria “agrobiodiversità”. A spiegare come e perché queste mandorle sono e vogliono essere differenti è lo stesso titolare, Francesco Armienti, terza generazione alla guida dell’azienda e primo ad avere affiancato, a una produzione su una superficie di circa 50 ettari di mandorleto, un laboratorio che mira sempre più a espandersi.
“Fu già mio padre a credere nel biologico quando ancora la Convenzione sulla diversità biologica di Rio de Janeiro del 1992 doveva ancora essere adottata – spiega Armienti – e io sto portando avanti questa intuizione. A livello agronomico, nel mio mandorleto promuovo infatti una vera e propria agrobiodiversità, facendo attenzione non solo a rispettare il disciplinare imposto dall’agricoltura biologica, ma appunto sviluppando anche pratiche agronomiche sostenibili e rispettose dell’ambiente rispetto all’agricoltura tradizionale. Ad esempio, noi pratichiamo nella maggior parte dei mandorleti la “aridocoltura”, ovvero non abbiamo impianti di irrigazione, per due motivi: il primo è per evitare un consumo idrico eccessivo delle falde acquifere sotterranee, il secondo è per garantire alle nostre mandorle di crescere con un maggiore contenuto di valori nutraceutici, dalle proteine ai tocoferoli. Come trattamenti, effettuiamo ovviamente solo quelli consentiti dal biologico, ovvero concimazioni esclusivamente con letame o sovescio di leguminose, zolfo e rameici per proteggere la pianta. Non c’è alcun utilizzo di sostanze chimiche di origine inorganica”.
Nonostante non sia affatto semplice portare avanti negli anni una scelta agronomica di questo tipo, Armienti è soddisfatto. “L’annata 2021 – spiega – a livello produttivo è stata sostanzialmente normale. In termini qualitativi, abbiamo invece pagato lo scotto di una carenza idrica che, dalle nostre parti, è andata avanti per circa sei mesi. Quindi i calibri sono stati decisamente inferiori rispetto alla norma. Siamo comunque contenti dei prezzi che siamo riusciti a spuntare, perché i nostri clienti riconoscono il valore aggiunto di ciò che offriamo”.
Una scelta di campo, quella di Armienti, che tocca da vicino anche la tradizione locale. “In grande maggioranza – prosegue il titolare dell’azienda – coltiviamo la cultivar “Filippo Cea”, che è la nostra specie autoctona. Una varietà senz’altro meno produttiva rispetto ad altre, come ad esempio quelle californiane, ma di un contenuto nutraceutico e di un sapore senz’altro superiore. A livello sperimentale, abbiamo poi anche alcune piante di Ferragnes e Guara”.
In termini commerciali, oggi l’azienda Armienti fornisce negozi e rivendite di prodotti bio, i già citati ristoranti gourmet in Costa Azzurra e non solo, oltre che pasticcerie, gelaterie e ingrosso. Ma anche sotto questo punto di vista ci sono nuovi obiettivi all’orizzonte. “Al momento riusciamo a lavorare solo una parte della nostra produzione e facciamo semilavorati. La pandemia ha un po’ ritardato i nostri programmi, ma già entro quest’anno puntiamo a proporre, oltre a semilavorati, anche prodotti finiti, con l’obiettivo di chiudere la filiera in toto. Anche questo, del resto, è un modo per rispettare ancora di più l’ambiente”, conclude Armienti.