Dal contesto internazionale arrivano buone notizie per la filiera della mandorla, compresa quella italiana. I prezzi del prodotto sgusciato made in Usa (la California è il maggiore produttore mondiale di questo frutto, con una quota dell’80%, secondo l’organizzazione Almond Board of California) sono infatti entrati in una spirale rialzista, dopo i minimi toccati a inizio campagna, nell’agosto 2023. L’aumento, secondo quanto monitorato da Areté, società specializzata nei servizi di analisi e previsione sui mercati delle materie prime agrifood, è nell’ordine del 18%.
“A supportare il mercato – spiegano da Areté – è l’incertezza sul raccolto 23/24 che, ostacolato da un meteo sfavorevole durante fasi cruciali della fioritura e della raccolta, si sta rivelando inferiore alle aspettative, anche in termini di qualità. Tali difficoltà produttive si scontrano con i segnali di recupero della domanda estera che, sfiorando i livelli record toccati nella campagna 20/21, alimentano la risalita delle quotazioni”.
L’effetto rialzista che si sta determinando in questi mesi potrebbe quindi avere conseguenze positive anche sul mercato italiano delle mandorle il quale, come testimoniato da diversi produttori, è ormai da anni in forte sofferenza. A pesare su questa crisi del settore mandorlicolo nazionale è in pole position proprio l’importazione di prodotto Usa a basso o bassissimo prezzo, che di fatto crea una situazione di concorrenza non sostenibile, a livello di listini, per il prodotto nazionale. Ora, l’incertezza sulla prossima campagna e la domanda sempre molto sostenuta livello globale, potrebbero appunto rimescolare le carte in tavola, creando spiragli inediti anche per le mandorle made in Italy.
La mandorla, peraltro, è una coltura che, nell’ultima decade, mostra segnali di ripresa anche nella Penisola. Secondo dati Istat, dal 2013 al 2020 la produzione è passata dalle 75.300 tonnellate (con 54.400 ettari) a 84.600 tonnellate, con 55.500 ettari coltivati.