Questo è un viaggio. Un viaggio dentro la storia di una grande industria italiana attiva dal 1908 nel settore della frutta secca e disidratata. Ma, anche e soprattutto, un viaggio dentro la storia di una bella famiglia ligure che, da oltre 110 anni, controlla l’azienda.
Parliamo di Noberasco, oggi guidata dalla quarta generazione, più che mai impegnata in una avventura imprenditoriale fatta di studio, programmazione, innovazione e tanta passione. Myfruit ha incontrato l’Ad Mattia Noberasco.
Come è stato nascere figlio d'arte, con una strada quasi già segnata?
La nostra famiglia è al quarto cambio generazionale. Per le generazioni passate non c’è stata la possibilità di scegliere, mio nonno Pier Luigi, Cavaliere del Lavoro, diceva che vedere tutti e quattro i suoi figli lavorare in azienda era la realizzazione di un sogno. Mio padre, invece, mi raccontava che scegliere un’altra vita sarebbe stato problematico, erano altri tempi, rompere con la famiglia non era una scelta facile. La terza generazione con noi è stata molto più aperta, disponibile. Io comunque avevo già deciso. Ho sempre avuto il desiderio di impegnarmi in azienda e ho fatto un percorso di studi idoneo a ricoprire un ruolo decisionale.
Posto che l’azienda era il mio obiettivo, perdere mio padre a 23 anni (Mattia è nato nel 1977 a Genova, ndr) ha un po’ complicato le cose. Ho comunque fatto le esperienze che avevamo condiviso: dopo la laurea in Economia aziendale, nel 2003 sono entrato alla Noberasco come assistente al direttore Supply chain seguendo nello specifico il progetto di riorganizzazione della logistica distributiva, imparando a comprenderne le (complicate) dinamiche. Un’esperienza di due anni alla quale è seguito un Master in Strategia aziendale alla Bocconi, che si sarebbe dovuto concludere con un periodo in Heineken Partesa, ma nel 2007, un anno prima del centenario, sono stato richiamato in azienda dai miei zii per l’attuazione del nuovo piano strategico. Nel febbraio 2011 sono stato nominato direttore generale e da maggio 2016 sono l’amministratore delegato della Noberasco Spa. Intanto, l’azienda continuava a crescere e nel 2015 abbiamo realizzato il nuovo sito produttivo di Carcare (Savona) che rappresenta il più evoluto al mondo nella trasformazione della frutta morbida. E che oggi, per mio figlio Pier Luigi, è “la grande casa verde”. E, a pensarci bene, è proprio così: una grande casa.
In quale azienda è entrato e in quale si trova ora? Corrisponde alle sue aspettative?
Io ho vissuto e in parte guidato il cambiamento tecnologico. Da azienda di commercio, negli ultimi 15 anni abbiamo subito una vera e propria rivoluzione tecnologica, che ci ha permesso di cambiare sistema di gestione, rinnovare i clienti, accogliere richieste di mercato sfidanti. Oltre alle certificazioni qualità, al biologico e altro ancora.
Oggi la Noberasco è una realtà diversa da quella in cui sono entrato: è cambiato tutto, il sistema, le tecnologie, le persone. C’è stata una evoluzione organizzativa costante, legata all’ampiamento aziendale e anche alla internazionalizzazione. Per natura io sono critico, penso si possa sempre migliorare, soprattutto in un contesto complesso come il nostro. E, se la competizione si sta facendo sempre più dura in Europa, noi stiamo rispondendo con una forte spinta all’internazionalizzazione. Oggi siamo al 10% di export, tra cinque anni vorrei arrivassimo al 20%: lo sviluppo di nuovi mercati per noi è determinante. E ci arriviamo con prodotti molto apprezzati all’estero, quali la frutta morbida senza conservanti, le barrette alla frutta, i trasformati ad alto valore aggiunto.
Come uscite da questi due anni di pandemia?
La pandemia non ha certo aiutato, abbiamo perso due anni perché tutto il nostro percorso è stato rallentato. Senza fiere, né viaggi la rete di contatti si disperde. Mentre in Italia riusciamo a governare i rapporti commerciali consolidati, all’estero è tutto da conquistare. Malgrado ciò, la filiale in Francia è stata performante e abbiamo anche chiuso un contratto con Decathon che distribuirà in tutta Europa dieci referenze Noberasco. Ma, in un mercato che va veloce, ora anche con la guerra in Ucraina e i rincari energetici, è la tempesta perfetta che si ripropone.
Oggi come vi state muovendo?
La produzione italiana di prugne è irrilevante, quella francese costosa, ma i noli per le importazioni di prugne dal Sudamerica sono improponibili. Lo stesso dall'Asia, dove il prodotto viene messo a disposizione a bordo nave, poi il rischio è tutto nostro, con fluttuazioni che vanno dai duemila ai nove/12mila dollari per container. Senza parlare di costi di trasporto e della plastica.
E non possiamo certo pensare di pianificare anno per anno, perché dobbiamo capire cosa ribaltare sul mercato, quindi, i contratti non coprono più il lungo periodo. Cerchiamo la massima efficienza dei processi industriali. E il contenimento della leva promozionale, ma sappiamo anche che ridurre le promozioni è una politica dalle gambe corte.
Allora si cercano forniture alternative; noi puntiamo sulle filiere corte, da qui il potenziamento delle filiere italiane che diventano più sostenibili dal punto di vista ambientale e offrono una maggiore garanzia di reperibilità di prodotto. Ovviamente parliamo di un progetto che ha un orizzonte di dieci anni e, con buone probabilità, sarà la risoluzione ai problemi di domani.
Ha accennato a Filiera Italia, ci aggiorna sulla partnership con Bonifiche Ferraresi?
La linea Filiera 100% Italia oggi riguarda non solo le arachidi, ma anche le mandorle siciliane sgusciate, le Nocciole del Piemonte Igp pelate e tostate; poi abbiamo le mele Ambrosia con Rivoira, mentre con i Fichi di Calabria Dop non siamo ancora riusciti a essere continuativi, ma distribuirli tutto l’anno resta un nostro obiettivo.
Con Bonifiche Ferraresi il piano di sviluppo è concordato: stiamo individuando i terreno dove mettere a dimora 50 ettari di prugne nel Ferrarese, un filone di sviluppo più stabile, in termini di consumi e di prezzi, che continuerà convertendo altri frutteti di specie meno redditizie.
Per quanto riguarda le arachidi di filiera italiana, lavoriamo sul calibro. A breve con queste materie prime lanceremo una nuova linea di barrette di filiera italiana, che si distinguerà per la qualità del prodotto. Una cosa che mi fa piacere ricordare è che tutti i nostri fornitori italiani sono certificati da blockchain.
Avevate annunciato solo packaging sostenibile entro il 2020, obiettivo raggiunto?
Sì, completiamo il change-over dei pack ora con il barattolo Viva la prugna in monomateriale. Possiamo dire che tutta la nostra offerta è confezionata con materiale riciclabile, in plastica o carta. La nostra area R&D è alla costante ricerca di nuove soluzioni: essendo ricchi di acidi grassi i nostri prodotti sono sensibili a calore e luce, e l’imballo è quanto mai decisivo per la loro salvaguardia.
Cosa può dirci di fatturato, risultati aziendali e prossime sfide?
A giugno 2021 abbiamo chiuso in linea con l’annata precedente, un buon risultato visto che è stato un anno di pandemia, rispetto al 2019/20 (chiuso a 110 milioni, ndr) che aveva avuto “solo” quattro mesi di lockdown. A giugno di quest’anno la crescita dovrebbe assestarsi sul 7/8% con l’inflazione che sta facendo la sua parte. Qualcosa abbiamo ribaltato sul mercato, ma con un tasso più lento rispetto all’aumento dei costi. Difficile oggi pensare alla marginalità con l’aumento della plastica, delle materie prime e dell’energia.
Come dicevo, cerchiamo la massima efficienza, la riduzione sprechi e di razionalizzare il più possibile. Dicembre e gennaio sono stati penalizzati per costi e margini, diciamo che lo scenario è più difensivo.
Chiudiamo con una battuta sulle tendenze e le novità per il settore?
La sfida più grande è capire quali saranno le abitudini di consumo nel post pandemia. Perché, cambiando abitudini giornaliere, cambieranno i consumi. Il nostro compito è intercettare prima degli altri i trend e provare a cavalcarli. Analizzando le basi di dati e le ricerche esterne non c’è ancora chiarezza su questo. A parte le finestre estive con uno pseudo ritorno alla normalità (ma è il periodo con i minori consumi per la frutta a guscio ed essiccata, ndr), servirà capire le tendenze nel primo inverno senza pandemia.
Nel caso dell’e-commerce, ad esempio, il boom pandemico è stato solo in parte riassorbito, e si continua con medie superiori al periodo pre-Covid. Anche il nostro sito è in costante crescita ed è un canale che abbiamo usato nei mesi di lockdown per sostituire in parte gli eventi in-store e presentare i nuovi prodotti grazie a omaggi e iniziative ad hoc.