Maxi sequestro di sementi ortive di origine cinese o comunque estera, spacciate però per italiane. Teatro della vicenda è il nord Italia, dove la Guardia di finanza di Torino ha sequestrato più di 263 tonnellate di prodotto, in parte già confezionate in oltre 1,9 milioni di buste, dunque già pronte per la commercializzazione.
Coinvolta anche la provincia di Piacenza: ma per ricostruire la frode meglio fare un passo indietro e ripercorrere i fatti.
Merce per 38 milioni
Su input della Procura, nei giorni scorsi le fiamme gialle hanno perquisito l'area metropolitana di Torino e di Piacenza: qui hanno rinvenuto 800 specie di sementi, tutte riconducibili a eccellenze ortofrutticole del territorio italiano. Dai pomodori di San Marzano, al peperoncino calabrese, passando per le zucche trombetta d'Albenga e i fagiolini di Trento, tutte le sementi erano destinate al mercato nazionale.
Tutte però erano rigorosamente non prodotte in Italia e destinate a essere confezionate con indicazioni false e etichette recanti un riferimento al made in Italy: figure, immagini e segni avevano il compito di indurre il consumatore a ritenere che il prodotto fosse di provenienza nazionale.
Il controvalore della merce è stato stimato in 38 milioni. Le forze dell'ordine hanno anche sequestrato una trentina di machine per il confezionamento illecito delle sementi.
Operazione Via dei semi
Si tratta di un'operazione importante, che si inserisce in un'indagine di più ampio respiro denominata la Via dei semi e avviata lo scorso novembre. Durante la prima fase dell'indagine, dunque qualche settimana fa, erano già state sequestrate poco meno di 220mila buste di sementi, pari a poco più di otto tonnellate di prodotto. Anche in questo caso le sementi erano spacciate per tipicità italiane, quali per esempio il peperone quadrato d’Asti, il peperoncino calabrese , il pomodoro costoluto fiorentino.
L’indagine Via dei semi aveva avuto inizio grazie ai controlli che le forze dell'ordine hanno effettuato nei punti di vendita della grande distribuzione. Successivamente, gli investigatori hanno individuato i siti di confezionamento dei semi nella provincia di Cesena: da cui partiva la distribuzione dei prodotti contraffati.
I responsabili dell’impresa coinvolta nella commercializzazione sono stati denunciati con l’accusa di vendita di prodotti industriali con segni mendaci.
La filiera
Gli inquirenti hanno ricostruito la filiera fraudolenta. In pratica, la merce veniva importata dall’estero - in modo particolare da Cina, India, Ungheria e Tanzania - e poi confezionata in uno stabilimento in provincia di Piacenza nell'ultimo caso, in provincia di Cesena nel primo. Qui veniva posta in imballaggi su cui era rappresentata la bandiera italiana e riportata l’origine (falsa) della regione italiana di riferimento e poi venduta.