La ricerca del giusto equilibrio tra le esigenze di tutta la filiera produttiva è una delle sfide più importanti che qualsiasi coltura ortofrutticola si trova di fronte, melone incluso. Produzione, distribuzione e, per ultimo, ma non per importanza, il consumatore, hanno esigenze che spesso è faticoso far coincidere.
A monte di tutto, chi si occupa del miglioramento varietale e costituisce nuove cultivar, ha il duro compito di cercare di mettere d’accordo un po’ tutti e trovare il giusto compromesso.
«Negli ultimi anni le richieste della filiera riguardo l’innovazione varietale sono fortemente cambiate: i breeder si sono dovuti confrontare con un processo di “industrializzazione” di questa coltura e si è posta sempre maggiore attenzione sul miglioramento di quei tratti che consentono di ottenere un vantaggio di tipo “logistico”, primo tra tutti la conservabilità» spiega Mario Noviello, sales manager di Enza Zaden.
Una maggiore conservabilità non consente solo di avere un prodotto che duri di più sullo scaffale del punto vendita e a casa, ma permette di gestire il magazzino in quei momenti in cui la dinamica dei prezzi è fiacca o in cui la produzione raccolta supera le richieste del mercato.
«In molti casi, la rincorsa verso la conservabilità del prodotto finale ha portato le aziende sementiere a costituire cultivar di melone caratterizzate da una consistenza della polpa così estrema da penalizzare l’esperienza gustativa. In altri casi, si è provato ad approcciare il problema riccorrendo a cultivar a lunga conservazione, cioè in cui la sintesi dell’etilene (l’ormone vegetale resposabile della maturazione) è inibita, ma il consumatore ha dimostrato di non preferire meloni che non profumano e la cui buccia rimane verde».
In realtà la perdita di consistenza e i processi di senescenza del frutto etilene-dipendenti sono solo alcuni degli aspetti della conservabilità. «Una buona parte delle perdite che avvengono in post-raccolta, infatti, sono dovute a marciumi e muffe causati da agenti patogeni principalmente di origine fungina che attaccano l’epicarpo dei frutti fino a penetrarne l’interno. Il miglioramento genetico può e deve agire anche su questo aspetto, se vuole dare una risposta alle esigenze della filiera».
Le novità di Enza Zaden arriveranno nel 2017.
A partire dai prossimi mesi saranno disponibili nuovi ibridi, ora in fase di registrazione, che vogliono rappresentare un punto di sintesi superiore tra le esigenze dei moderni processi produttivi e distributivi e la soddisfazione gusto-olfattiva. Questa nuova generazione di ibridi è caratterizzata da un lento viraggio al giallo crema dell’epicarpo, quindi da più lenti processi di degradazione della clorofilla, risultanti in una senescenza rallentata della buccia, per una senzazione di freschezza più duratura, nonché da una maggire tolleranza agli agenti patogeni che attaccano i frutti i post-raccolta».
È da segnalare in particolare E25T.00210, cultivar della tipologia retato italiano per coltivazioni medio-tardive in serra, tunnel e tunnel removibile. In questo prodotto, un’elevato appeal visivo, grazie ad una forte retatura con meridiani verdi ben definiti, un’ottima tenuta di campo e conservabilità (ESL), è combinato con notevoli performances in frigoconservazione, «senza sacrificare il gusto e la soddisfazione di addentare un melone, e non una carota!».
Di fronte alla minore redditività delle tipologia di massa, come quella del retato italiano, sempre più produttori stanno volgendo l’attenzione a tipologie più “di nicchia”. «Enza Zaden lavora per offrire ottime soluzioni a quanti vogliano coltivare “fuori dal coro”, come dimostrano alcune delle nostre costituzioni di maggior successo: E 815024, per chi vuole riscoprire i buoni sapori di una volta, o gli charentais retati Kabayon e Kadenza».
Tuttavia, continua Noviello «la sfida per il prossimo futuro è quella di elevare la qualità del prodotto di massa. Il miglioramento varietale può dare un forte contributo nel raggiungimento di questo obiettivo, ma perché il potenziale genetico sia espresso al meglio è necessario l’impegno di tutti gli attori della catena, per produrre e distribuire un prodotto più buono, più sano, più sostenibile, ma che per questo sia anche adeguatamente remunerato».
«Penso che tutti noi – conclude Noviello – costitutori, produttori, distributori, etc., dovremmo ricordare che essere attori della filiera agroalimentare ha un grande risvolto etico, al di là del legittimo profitto che ognuno intende realizzare: abbiamo la responsabilità di produrre e portare in tavola il cibo che milioni di persone ogni giorno mangiano. Per noi di Enza Zaden questo è un grande stimolo che ci spinge ogni ogni a fare il nostro lavoro al meglio».