28 gennaio 2021

Mirtilli e Calabria: si può fare

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Il mirtillo gigante americano (Vaccinium Corymbosum) non è una pianta tipicamente calabrese, ma in Calabria sta ottenendo ottimi risultati. Merito dell'impegno di una giovane imprenditrice e, forse, della sua laurea in filosofia.

“Gli studi mi hanno inculcato tre principi sui quali ho deciso di impostare la mia azienda: rigore, spirito critico e continua ricerca. E adesso è su Il colle dei mirtilli che continuo la mia personale applicazione pratica”, spiega Erika Manfredi in una intervista esclusiva a Italian Berry.

L’azienda agricola Il colle dei mirtilli situata ai piedi della Crista d’Acri, in provincia di Cosenza (Calabria), si estende su una superficie di sei ettari (che si rivelerenno vocati alla coltivazione di questi piccoli frutti, ndr), due dei quali dedicati esclusivamente alla coltivazione del mirtillo gigante americano. In particolare, delle varietà Duke, a maturazione precoce che fruttifica tra giugno e luglio, e Berkeley a maturazione medio-tardiva, che fruttifica tra luglio e agosto.

É il 2012 quando inizia tutto, i genitori di Erika acquistano dei terreni e – mentre molti giovani lasciavano la Calabria per cercare maggiori opportunità – iniziano a impiantare le prime piantine di Vaccinium Corymbosum. “Io scelgo di restare, e di accettare una grande sfida: valorizzare il nostro territorio, e dimostrare che può darci tanto”, racconta Erika Manfredi. Così nasce Il colle dei mirtilli: “La sfida principale, che possiamo dire di aver vinto in poco tempo, è essere riusciti a essere competitivi nei confronti di aziende affermate nel settore dei piccoli frutti”.

Criteri e strategie aziendali

Il fine ultimo de Il colle dei mirtilli è offrire un prodotto eccellente. “Tra gli aspetti che vanno a incidere sulla qualità di un prodotto, il terreno svolge un ruolo centrale – puntualizza Erika – Quindi uno degli aspetti primari resta per noi una rigida attenzione e un rigoroso studio del terreno dell’impianto. I nostri frutti vengono coltivati in pieno campo, non in vaso, su un terreno completamente incontaminato, e senza far uso di sostanze chimiche che, oltre ad alterarne le qualità, ne altererebbero il naturale sapore. Altro aspetto importante resta per noi, la pacciamatura, da effettuare dopo aver effettuato le misurazioni del Ph, per la quale utilizziamo esclusivamente aghi di pino raccolti in azienda. Punto, a mio avviso, centrale è il fatto che in azienda tutto viene svolto rigorosamente a mano, dalla pulitura delle piantine fino alla raccolta del frutto”.

Insomma, quella che Erika definisce una “coltivazione morale” perché condotta nel rigoroso rispetto del frutto, della natura, del suolo in genere, e del consumatore.

Il futuro si… trasforma

Testato il prodotto sul mercato e considerati i positivi riscontri l’azienda ha in programma di ampliare il calendario con una cultivar tardiva, per soddisfare l’elevata richiesta del periodo tardo estivo. “Ma – conclude Erika Manfredi – stiamo anche progettando di offrire un prodotto trasformato di elevata qualità. A oggi ci siamo soffermati solo sul prodotto fresco, ma è nostra intenzione ampliare la gamma, pertanto ci stiamo addentrando nell’ambito della trasformazione”.

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