10 novembre 2020

Moria dei kiwi: “In Piemonte situazione seria, non tragica”

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Simone Bernardi, Ad di Lagnasco Group

“Al momento non esistono soluzioni per il breve periodo e, dunque, la preoccupazione c'è. Ma non si può parlare di scenario tragico: le produzioni ci sono e il mercato è ben disposto verso il prodotto italiano”. Così Simone Bernardi, amministratore delegato di Lagnasco Group, consorzio di cooperative della Provincia di Cuneo, riassume quanto sta accadendo in Piemonte, e non solo, a causa della batteriosi e della conseguente moria delle piante di actinidia: “I problemi sono iniziati nel Veronese, per poi arrivare qui in Piemonte – spiega – Ora anche il territorio di Latina è compromesso, nessuna delle aree vocate è esente da attacchi. La comunità scientifica è al lavoro, ma per ora non abbiamo una cura risolutiva”. Secondo quanto racconta da Bernardi, non esiste una reale carenza di prodotto italiano: “La stagione commerciale è iniziata con il piede giusto – continua – Anche quest'anno riusciremo a soddisfare le richieste della Gdo. Ma l'attenzione deve restare alta“.

Sulla questione kiwi nei giorni scorsi era intervenuta anche Coldiretti Cuneo, che aveva denunciato: “In quattro anni è andato perso il 15% dei frutteti nella sola provincia di Cuneo. Il rischio è di perdere del tutto una coltura frutticola di cui la nostra provincia è tra i principali produttori nazionali e internazionali, con più di 1.700 aziende e una produzione potenziale di oltre 84mila tonnellate all'anno“.

Rese dimezzate, nei casi più gravi si estirpa il frutteto

“L'evoluzione della malattia si vede soprattuto in estate – dice Bernardi – Oggi sappiamo che se un frutteto inizia a essere colpito in maniera blanda, anche solo il 5-10% delle piante, l'anno successivo sarà martoriato, con perdite fino al 70 per cento“. La malattia si traduce con rese più che dimezzate – dalle 22-26 tonnellate a ettaro di un frutteto sano, si passa a non più di dieci – e, nei casi più gravi, nella completa estirpazione del frutteto. In questi casi, ai produttori non resta che convertire la produzione di kiwi in altre colture.

“In Piemonte molti passano alle mele – riferisce Bernardi –  Nella zona pedemontana di Saluzzo (Cuneo), però, stanno optando per i mirtilli, in altre zone si sperimentano susine e ciliegie. Ma perdere il kiwi, a mio avviso, è penalizzante: il kiwi completa la produzione, un magazzino che fa ruotare mele, pesche e kiwi è un magazzino efficiente. Di sicuro di più rispetto a magazzini che trattano una sola coltura”.

La cura non c'è, cauto ottimismo per il mercato

Come illustra l'Ad di Lagnasco, nonostante gli enti di ricerca e i tecnici siano impegnati su questo fronte, la cura per la batteriosi del kiwi non è ancora nota: “Di sicuro sono utili alcune buone pratiche, quali la gestione delle acque per evitare i ristagni e l'ombreggiamento dei terreni – prosegue – Sui nuovi portainnesti, invece, è ancora troppo presto per dare un giudizio: non ci sono i numeri per una loro valutazione oggettiva”.

Quanto al mercato, Bernardi mostra cauto ottimismo: “A oggi le prospettive non sono male, la stagione commerciale è iniziata con relativa calma, la Gdo chiede il prodotto e la remunerazione al produttore è soddisfacente. Quanto ai volumi, la produzione riesce a rispondere alla domanda di tutti i canali distributivi, il kiwi non è sparito“.

Coldiretti Cuneo: “Serve l'intervento della Regione”

Secondo Coldiretti Cuneo, a causa della moria, nel giro di quattro anni nella provincia sono scomparsi 500 ettari di superficie coltivata a kiwi: “Se nel 2016 la coltivazione di kiwi si estendeva su oltre tremila ettari, oggi non supera i 2.500, senza contare gli impianti di kiwi ancora in piedi, ma seriamente compromessi – ha dichiarato Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti – Servono nuove misure per arginare le perdite economiche che stanno subendo i nostri imprenditori. La batteriosi del kiwi e la cosiddetta moria hanno condizionato pesantemente la produttività: la Regione non può fare finta di nulla”.

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