Sì a nuovi impianti per produrre nocciole nella Tuscia, ma con cautela, per non deprezzare il valore del prodotto. E’ questo, in estrema sintesi, quanto è emerso durante il convegno “La nocciola della Tuscia. Realtà e prospettive di un settore in continua evoluzione”, svoltosi alla fine della scorsa settimana a Caprarola (VT). Alberto Frau, direttore di Coldiretti Viterbo, spiega: “I noccioleti (nella Tuscia, n.d.r.) coprono 22.000 ettari, ma potremmo programmare una ulteriore espansione su altri 10.000. Le prospettive di mercato sono incoraggianti”.
Tuttavia Antonio Rosati, amministratore di Arsial, agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio, ha invitato a “gestire con intelligenza” questo momento proficuo per la corilicoltura, al fine “tenere alto il prezzo e tutelare il valore distintivo della italianità del prodotto, che sul mercato della qualità fa la differenza rispetto al prodotto estero”.
Secondo dati Istat riferiti al 2015, in Italia sono 72.000 gli ettari coltivati a nocciolo. In provincia di Viterbo la produzione è estesa in 30 comuni e coinvolge oltre 8.000 famiglie. Il 30% delle nocciole consumate in Italia arriva dal Lazio, cioè dalla provincia di Viterbo.
Stefano Leporati, dell’area economica della Coldiretti nazionale, ha aggiunto: “In Turchia i noccioleti coprono 700.000 ettari, dieci volte l’estensione italiana. Nella scorsa campagna abbiamo importato 44.000 tonnellate di prodotto per un valore di 400 milioni di euro. Va bene avviare nuovi impianti, ma sempre puntando sulla qualità. Il successo commerciale delle nostre nocciole lo si deve agli elevatissimi standard qualitativi, mentre quelle turche presentano spesso problemi di sicurezza alimentare. Esaltare il carattere distintivo del prodotto italiano può garantire ulteriori margini di reddito ai nostri produttori”.