E’ tempo di bilanci anche per Il Noceto, organizzazione di produttori con sede a Chiarano (Treviso), i cui soci lavorano circa 500 ettari di noci di varietà Lara, la maggior parte dei quali già in produzione.
Il direttore generale Michele Sciannimanica non nasconde le difficoltà di una stagione davvero particolare, ma rimane altrettanto convinto che sia opportuno continuare a lavorare su questo progetto, perché potenzialmente rimangono diversi punti di forza (la qualità, innanzitutto).
Nello specifico, Sciannimanica spiega: “Il 2022 è stata un’annata particolarmente complessa, anzi la più difficile della nostra Op. I prezzi delle noci, per effetto soprattutto delle importazioni di Lara francesi e anche dell’aumentata produzione nazionale, hanno subito delle forti contrazioni. Sono poi arrivate le americane con listini per noi improponibili, che vengono vendute al pubblico a 3,99 il chilo, a differenza delle nostre il cui prezzo al pubblico oscilla tra i 9,90 e i 12,99 euro. Insomma, diventa davvero molto complicato competere in uno scenario simile, dove la tempesta perfetta si è arricchita con l’impennata dei costi di lavorazione, grandi giacenze americane da smaltire (parliamo di 130mila tonnellate della campagna 2021 oltre la produzione della campagna corrente) e l’ingresso prepotente di prodotto cinese nei mercati extraeuropei. Se poi aggiungiamo una stagnazione dei consumi in termini di quantità e una modifica del paniere dei generi alimentari dovuta all’inflazione, per un prodotto non necessario come le noci siamo decisamente di fronte a una situazione inaspettata, tanto che francesi e americani hanno iniziato a espiantiare“.
Una partita, insomma, che così non si può vincere. A meno che…
“La competizione – ammette infatti Sciannimanica – così è del tutto impari. Non ci sono politiche di marketing o di promozione che tengano, a fronte di una simile sperequazione nei listini. La differenza di prezzo, infatti, è generata anche dalle diverse regole di produzione esistenti tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. In pratica, gli agricoltori californiani possono utilizzare tutta una serie di prodotti che da noi sono giustamente vietati. L’unica soluzione che vedo possibile è un intervento del Legislatore, affinché si stabiliscano le medesime regole per tutti. Chiediamo, insomma, che siano armonizzate le norme alle quali attenersi. L’alternativa, è che il comparto delle noci in Veneto e, in generale, in Italia, vada presto scomparendo. Consideriamo infatti che la produzione mondiale è in generale aumento e, a fianco di Usa e Cina, stanno investendo anche realtà come Spagna e Portogallo. Oggi su 50mila tonnellate di consumi in Italia, 40mila sono coperti da merce importata e per la maggior parte con regole di produzione meno rispettose dell’ambiente, ma che consentono produzioni doppie o triple rispetto a quelle italiane, e quindi con costi di produzione di due o tre volte inferiori ai nostri. Tutto ciò rende impossibile competere con i loro prezzi di vendita. C ci diamo appunto regole comuni, o il settore è a forte rischio. E sarebbe un vero peccato, essendo le nostre noci di una qualità decisamente superiore rispetto a quelle estere”.
Conclude poi Sciannimanica: “La nostra cooperativa è da sempre impegnata nel rispetto dell’ambiente, come dimostrano le certificazioni di produzione integrata, residuo zero e biodiversity e quindi non pensiamo che si debbano usare più prodotti fitosanitari, ma diventa fondamentale informare chi compra noci provenienti da mercati non europei che i loro metodi di produzione non sono altrettanto virtuosi nei confronti dell’ambiente”.