Nel mondo si produrranno sempre più noci. Anche in Italia. Ad affermarlo sono alcune statistiche, tra cui una delle più autorevoli è quella di Inc, International Nut & Dried Fruit council, che – a fronte di oltre 2,2 milioni di tonnellate della stagione 2021/2022 – stima per il 2022/2023 una disponibilità di oltre 2,6 milioni di tonnellate. In tale contesto, che ruolo può giocare l’Italia? Myfruit.it lo ha chiesto a Michele Sciannimanica, direttore generale della Op Il Noceto, che la scorsa settimana ha presentato la sua Organizzazione a Cibus 2023.
Una situazione in grande evoluzione
“Anche in Italia – rileva Sciannimanica – le superfici allevate a noci sono in forte aumento. Tra il 2015 e il 2021 l’incremento della sola varietà Lara è stato di circa il 50%, ovvero da 870 a 1.300 ettari, mentre considerando tutte le cultivar (Chandler, soprattutto), siamo passati da 1.900 a 3.500 ettari. E’ interessante anche sottolineare che la Cina, in questo contesto, si è molto sviluppata negli ultimi anni ed è arrivata oggi ad occupare la leadership assoluta, con oltre la metà della produzione mondiale. Oggi, in Cina, si producono infatti oltre 1,1 milioni di tonnellate di noci, ben oltre il consumo interno. Quindi, anche loro hanno esigenza di esportare”.
Scenari inediti
“Questa situazione – prosegue Sciannimanica – sta aprendo anche scenari finora inediti. Ad esempio, in uno storico Paese produttore come la Francia sono in corso diversi espianti, non è ancora chiaro se per piantare nuove varietà di noci o per passare ad altre colture. Analoghe informazioni le abbiamo per la California. In Italia, siamo sostanzialmente ancora alla finestra, ma una cosa è certa: così la situazione non può andare avanti. Basti considerare che, solo nell’ultimo anno, le Lara francesi sono passate da 4,50 a 1,40 euro il chilo all’ingrosso, le italiane da 5,50 a 4 euro il chilo. La competizione di prodotto estero, in altri termini, si sta facendo sentire in modo pesante e non ci sono regole comuni per la produzione di noci. Nella nostra realtà del Il Noceto, ad esempio, produciamo a residuo 0 e all’insegna della biodiversità. Parametri, questi, che non sono tenuti presenti negli Stati Uniti e in diversi altri Paesi del mondo. C’è quindi una battaglia impari da portare avanti, e non è semplice fare passare il messaggio al consumatore finale. Il nostro auspicio è che si intervenga al più presto, magari anche a livello di Unione europea, per risolvere questa situazione”.
I maggiori consumatori di noci? Gli over 45
C’è poi un altro importante aspetto sul quale la nocicoltura italiana deve riflettere. “Secondo dati Ismea elaborati da Nielsen – prosegue Sciannimanica – le noci sono consumate soprattutto dalla fascia over della popolazione: le persone dai 45 anni in su rappresentano infatti oltre l’80% dei consumatori di noci. C’è quindi l’esigenza di cercare di intercettare anche la popolazione più giovane, che dimostra di conoscere ancora poco le virtù di questo frutto”.
Arrivano le Nocciole del Veneto
Nell’ambito di Cibus 2023, la Op Il Noceto si è poi presentata con una grande novità: le prime Nocciole del Veneto. “Lo scorso anno – conferma Sciannimanica – i quantitativi sono stati molto ridotti, con 10 quintali prodotti in 40 ettari da tre produttori. Già quest’anno, però, contiamo di aumentare significativamente i quantitativi, con una 40ina di produttori che effettueranno il loro primo raccolto”.