18 agosto 2013

Nuove norme nello statuto di Esselunga. Cambiamenti all’orizzonte?

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Un’assemblea straordinaria che si svolge a tempo di record a fine luglio scorso – come fosse una pausa caffé, dalle 9.05 alle 9.20 – e l’assetto societario di uno dei grandi gruppi della Gdo italiana cambia in modo fondamentale, con l’introduzione di due norme che probabilmente segneranno il suo futuro e aprono possibili scenari, magari non troppo lontani.

Protagonista il gruppo Esselunga e, naturalmente, il suo grande capo Bernardo Caprotti. Cose è successo esattamente? Come riporta la pagina economica del Corriere della Sera di ieri, il grande big, tutto italiano, della distribuzione italiana – 144 punti vendita, 20 mila dipendenti, 6,8 miliardi di euro di fatturato, una quota di mercato del 10,5% e un valore di 3,83 miliardi – non sarà più lo stesso di prima con l’introduzione di due nuove norme nello statuto dalla holding Supermarkets Italiani, che controlla il 100% di Esselunga.

La prima si chiama “Diritto di covendita”: se in futuro il 50% delle azioni più una dovessero passare di mano, gli altri soci di minoranza, come recita l’articolo 9: “hanno il diritto di vedersi acquistare, a parità di condizioni, una percentuale del possesso azionario trasferita dal socio venditore”. L’articolo 11, però, introduce anche l’”Obbligo di covendita”: in pratica se i soci di minoranza non volessero esercitare il loro “diritto di covendita”, è una loro facoltà, potrebbero essere comunque costretti a farlo su iniziativa dei soci venditori. Perché questa ulteriore norma? Secondo il quotidiano di via Solferino: «i soci di minoranza potrebbero intralciare un’eventuale cessione della maggioranza perché un compratore potrebbe pretendere mano libera o quanto meno il controllo nelle assemblee straordinarie dove servono quorum deliberativi rafforzati». La seconda norma, invece, stabilisce che l’ingresso di nuovi soci debba essere sottoposto al gradimento dell’assemblea, che delibera con il voto di più della metà del capitale.

Perché questi cambiamenti? Da una parte garantiscono maggior stabilità e controllo, ma dall’altra, sempre secondo il Corsera, preparano il terreno giuridico per un futuro cambio di guardia al vertice dell’azienda. In realtà è da anni che si parla di una possibile vendita di Caprotti, magari a mani estere – in passato sono circolati i nomi di colossi stranieri come Walmart, Tesco, Mercadona – poi, però, non se ne è mai fatto nulla. Siamo, invece, questa volta, di fronte ai definitivi preparativi per il cambio ai vertici dell’azienda?

Fonte foto: economia.panorama.it

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