Se negli ultimi anni il packaging in ambito alimentare, e in particolare nel mondo ortofrutticolo, è stato sempre di più sotto i riflettori dell'opinione pubblica, nell'ultimo anno è stato costantemente al centro del dibattito, complice la centralità dei temi inerenti la sostenibilità. Ma l'attenzione non è certo diminuita da quando è iniziata l'emergenza Covid, che si è abbattuta sulle modalità di acquisto dei consumatori come un vero e proprio terremoto e ha, anzi, reso ancor più importante il ruolo degli imballaggi.
Del tema se n'è occupato il primo webinar organizzato da myfruit ieri dal titolo “Packaging e ortofrutta. Tra sostenibilità, shelf life e sicurezza alimentare“, al quale hanno partecipato Sara Limbo, professore associato dell'Università Statale di Milano ed esperta in food packaging, Roberto Zanichelli, direttore marketing di Ilip, Silvia Zucconi, responsabile market intelligence di Nomisma. Un'ora ricca di spunti, moderata da Raffaella Quadretti, direttrice di myfruit.
Shelf life, packaging e sostenibilità. Ci vuole un approccio olistico
Ci vuole un approccio olistico, che prenda in considerazione tutti i vari anelli della vita di un imballaggio quando si parla di sostenibilità. Sia secondo Sara Limbo, sia secondo Roberto Zanichelli, è infatti necessario partire da una visione a 360 gradi che prenda in considerazione non solo il cosiddetto “fine vita” quando si parla di packaging, ma anche ciò che sta a monte della filiera, vale a dire l'insieme dei materiali e delle tecnologia che portano alla creazione degli imballaggi e la loro interazione con il contenuto.
“Tra le cause dello spreco alimentare c'è sicuramente la shelf life“, evidenzia la professoressa. La conservabilità ha un ruolo attivo sia quando il prodotto deve arrivare a scaffale, se perde le proprie caratteristiche, sia quando un prodotto è a casa dei consumatori se non mantiene la qualità promessa. Tutti fattori che possono contribuire negativamente a incrementare il cosiddetto food waste e food loss. “La sfida – ha affermato Sara Limbo – non è solo sviluppare materiali ecosostenibili, riciclabili o compostabili, ma comprendere il ruolo di interazione tra l’alimento e il materiale di confezionamento”.
Ed è la sfida che, secondo Roberto Zanichelli, Ilip, realtà italiana di primo piano a livello internazionale nella produzione di imballaggi per ortofrutta e stoviglie monouso, sta perseguendo da anni attraverso una politica sintetizzata dalle tre R: riduzione, riciclo e risorse rinnovabili. L'azienda emiliana, infatti, ha realizzato un imballaggio attivo che permette di estendere la shelf life, ha ridotto il peso dei suoi prodotti con il progetto ecodesign, ricicla le bottiglie post-consumo per produrre imballaggi alimentari e ortofrutticoli in 100% r-Pet food grade e infine, dal 2002, utilizza bioplastiche compostabili.
Tutti temi tenuti sotto controllo anche dall'Osservatorio Packaging di Nomisma, che come ha sottolineato Silvia Zucconi, è un focus sempre più importante poiché rappresenta una leva fondamentale per la sostenibilità dei brand e dei consumatori. “Il 43% dei responsabili degli acquisti delle famiglie ci dice che uno sguardo alle caratteristiche del packaging lo dà molto volentieri”. Ma il consumatore è disposto a pagare un packaging più sostenibile? “Il 65% non è disposto a sostenere un prezzo aggiuntivo” ha aggiunto la Zucconi, sollevando un tema già emerso qualche tempo fa, ma sempre attuale e che sia le aziende che la grande distribuzione organizzata devono considerare con sempre maggior attenzione.
Più sicurezza e protezione, ma non per tutti gli alimenti
Il packaging deve offrire sicurezza al consumatore. È un'esigenza, quest'ultima, che da sempre il settore ha ben presente ovviamente, ma che sino a prima dell'inizio dell'emergenza Covid il consumatore dava ormai per scontata e non metteva forse più al primo posto. “In questo momento, invece, si è riscoperto il concetto di sicurezza dell'imballaggio come protezione rispetto all’ambiente circostante, che al momento non sembra più essere amichevole come due mesi fa” ha evidenziato Sara Limbo. Protezione e sicurezza, quindi, per l’ambiente ma anche per il consumatore. Un nuovo bisogno che secondo Zanichelli chi opera nel mondo della plastica conosce molto bene “Nonostante il clima contro la plastica in generale, da questo punto di vista i materiali in plastica sono i più sicuri”. E il consumatore ha premiato, non a caso, in questi ultimi mesi i prodotti confezionati stando agli ultimi dati forniti da Nielsen relativi alla Gdo, vuoi perché appunto è alla ricerca di maggior sicurezza, ma anche perché è diminuito il piacere di fare la spesa a causa delle lunghe code fuori dei supermercati e dalla necessità di passare poco tempo tra le corsie per tornare il prima possibile a casa.
Ma se l'acquisto dei prodotti confezionati è andato incontro a queste nuove esigenze, non in tutti i settori si è visto lo stesso incremento e, l'anomalia, se vogliamo arriva proprio dal settore dell'ortofrutta che ha visto sì crescere la vendita di prodotti confezionati, ma non in maniera così preponderante rispetto a quelli a peso variabile. Se i primi, come ha sottolineato sempre Silvia Zucconi, sono cresciuti del 22%, i secondi sono saliti altrettanto del 19%. L'ortofrutta si lava una volta giunti a casa, con ancor maggior attenzione in questo periodo, quindi probabilmente la necessità di acquistare prevalentemente confezionato si è sentita meno rispetto ad altri comparti del fresco, come è invece successo per i prodotti da banco, diminuiti notevolmente rispetto a quelli confezionati. Emblematico il caso della IV gamma che ha sofferto molto in questo periodo.
Quale scenario a fine l'emergenza?
La situazione è molto fluida e, a pochi giorni dall'inizio della cosiddetta Fase 2, è difficile capire cosa resterà nelle abitudini di consumo dopo il cambiamento apportato dal Covid. “L’Europa ci spinge sempre più verso scelte maggiormente consapevoli” ha sottolineato Sara Limbo che ha puntato il dito anche sul tema del riciclo: ” In Italia deve essere rinforzato perché interessa ancora pochi materiali plastici”. Anche per quanto riguarda il compostabile, ha continuato la professoressa, “ci vuole una presa di coscienza sociale, ma anche politica ed economica. Ci vogliono interventi strutturati. Chi fa riciclo non deve essere l'utimo anello della filiera ma può dare informazioni importanti per il ripensamento del packaging”.
Dello stesso avviso il manager di Ilip. “Noi che siamo coinvolti nel Pet da riciclo stiamo già collaborando a progetti per arrivare al riciclo delle vaschette per chiudere il cliclo non solo usando bottiglie di acqua post-consumo. Il futuro va in questa direzione: economia circolare su imballaggi in plastica. Non bisogna fare guerre ideologiche su materiali buoni e cattivi, ma sulla gestione del fine vita”.
Più comunicazione sul packaging per dare una mano al consumatore su come riciclare. È l'auspicio, invece si Silvia Zucconi. “Dobbiamo consentire al consumatore di capire quale è l’impatto ambientale di una confezione, perché al momento è ancora un argomento tecnico”. Ci vuole, quindi, una comunicazione più semplice, chiara e precisa. “È uno sforzo che deve essere fatto da tutti i player. Soprattutto se vogliamo una compartecipazione del consumatore al costo della sostenibilità”.