25 gennaio 2019

Per il prezzo equo bisogna partire dai costi. Lo dice una ricerca di Agribologna

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Conoscere i costi per ottimizzare il processo produttivo e garantire così valore ovvero un prezzo equo al coltivatore. Il primo passo è stato fatto da Agribologna – 130 soci divisi in 5 regioni con a disposizione 3200 ettari di cui 1200 coltivati ad ortofrutta – che ha condotto insieme al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro – Alimentari dell’Università di Bologna uno studio comparativo degli elementi di costo che caratterizzano la coltivazione orticola in Emilia – Romagna.

La ricerca è stata realizzata letteralmente sul campo e ricorda i metodi del taylorismo – pur con una cultura organizzativa completamente diversa –  ovvero sono state rilevate 1600 ore, da febbraio a novembre 2018, in 17 aziende con una dimensione totale di 485 ettari. I ricercatori hanno cronometrato i tempi di tutte le operazioni colturali con il focus su raccolta, cernita, lavaggio e confezionamento.

Una mole di numeri che colma il vuoto di “dati ufficiali aggiornati sulla produttività – ha sottolineato Lauro Guidi, presidente di Agribologna – e sui costi colturali del comparto orticolo”. Si sono così calcolate le diverse voci di costo – dalla lavorazione dal terreno al trapianto, dall'irrigazione alla difesa, dalla conservazione al trasporto – e ricavate le incidenze percentuali. Un quadro completo che ha fatto emergere i punti critici e la differenza di costi tra le diverse aziende agricole del campione e tra le sette diverse colture esaminate: cetriolo, melanzana, zucchino (chiaro e scuro), lattuga (Gentile, Romana, Trocadero).

Orticoltura_costodellavoro

Per ogni passaggio – dall'allevamento alla coltura – è stata calcolata anche l'incidenza del costo del lavoro. I valori oscillano. Un esempio: sul cetriolo il costo del lavoro varia da un 42% di un'azienda al 47% di un'altra. Una bella distanza. In Emilia-Romagna il costo orario del lavoro incide in media per il 40% ed è pari a 13,31 euro, ma come si è fatto notare nel convegno in altre regioni costa la metà.

Innovazione e competitività non sembrano più sufficienti a garantire la vitalità delle imprese, se non si affrontano sistematicamente le relazioni fra offerta e domanda” ha rimarcato Lauro Guidi. Sulla stessa linea, in un dibattito moderato con arte da Patrizio Roversi, Luigi Vannini, professore ordinario di Economia e Politica Agraria, e curatore dello studio – illustrato da Marco Candini (responsabile qualità, ricerca e sviluppo Agribologna) e Giorgia Morara (responsabile assicurazione qualità Agribologna).

“Ricerca e innovazione sono alcune delle variabili che hanno indubbiamente consentito sino ad oggi agli agricoltori di competere in questo settore – ha affermato il docente -. Ma in un contesto di mercato complesso, volatile, competitivo e contraddistinto da nuove dinamiche possono non bastare più. Oggi, è necessario garantire contenuti aggiuntivi alla qualità, che potremmo definire ‘plurima’”. Meglio usare il termine valore considerato più oggettivo e riconoscibile.

Ultima nota di rilievo: la conduzione familiare, più elastica economicamente, è ormai finita. Tutte le aziende, eccetto una, hanno a libro paga lavoratori. Solo il 7% è italiano, mentre il 26% è albanese e il 16% marocchino.

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