Dal 28 settembre al 7 ottobre tornerà uno degli appuntamenti più attesi per il Pistacchio di Bronte DOP: la sagra dedicata a questo prodotto, che dal 2009 ha ottenuto la denominazione di origine protetta. Per l’esattezza il frutto viene coltivato tra Bronte, Adrano e Biancavilla e viene denominato anche “oro verde”, perché produce nella zona annualmente una ricchezza di circa 20 milioni di euro. Ogni anno a fine settembre, in alcune piazze e vie del centro storico di Bronte si svolge la sagra del pistacchio, dove vengono realizzate curiose ambientazioni tipiche dell’antica civiltà contadina (arti e mestieri vengono riproposti grazie ad oggetti dell’epoca).
Nel corso della Sagra si possono assaggiare ed acquistare i prodotti ottenuti con la lavorazione del pistacchio, dal dolce al salato, per tutti i gusti e naturalmente non mancano i frutti stessi. Ogni anno l’evento attira migliaia di turisti provenienti anche dall’estero. La Sagra del Pistacchio di Bronte 2018, che giunge alla sua XXIX edizione, si terrà nelle giornate del 28, 29, 30 settembre e del 5, 6, 7 ottobre 2018.
La raccolta del pistacchio brontese è biennale e, per tradizione, viene fatta negli anni dispari (quindi la prossima sarà nel 2019), tra la fine di agosto e gli inizi di settembre. Ogni pianta produce da 5 a 15 chilogrammi di tignosella (così è chiamato il frutto smallato ed asciugato) con punte massime di 20-30 Kg. Negli anni di non raccolta, quelli pari, “di scarica” per i coltivatori, si procede alla cosiddetta potatura verde (le gemme in fase di crescita vengono tolte a mano).
La potatura verde è una tradizione che si perde nella notte dei tempi, probabilmente risalente alla dominazione araba. Si tramanda da padre in figlio senza soluzione di continuità. Testimonianza di una cultura, quella contadina, secondo cui, grazie al “riposo”, la pianta assorbe dal terreno lavico le sostanze necessarie per produrre un frutto più ricco di aromi e pieno sapori inconfondibili. Ogni due anni (quelli dispari) si raccolgono oltre 30 mila quintali di pistacchi che rappresentano appena l’1% della produzione mondiale ma, per Bronte, l’elemento economico più significativo sia per la superficie a coltura interessata che per il rilevante valore della produzione.