La filiera del pomodoro da industria rischia di essere travolta dal cortocircuito che sta investendo l’intera economia agricola nazionale per i rincari sulle materie prime e l’ulteriore impatto della guerra in Ucraina.
Senza accordo sul prezzo e con il comparto stressato da crisi idrica e instabilità dei mercati, l’oro rosso italiano ha già perso il 15% delle superfici coltivate e si rischia di arrivare fino al 30%. Accade sulla scia dei record produttivi del 2021, ma soprattutto perché gli agricoltori stanno tentando di contenere costi di produzione insostenibili, con la riconversione dei terreni a colture più sicure e meno onerose come mais, girasole e soia.
Cia-Agricoltori Italiani esprime preoccupazione per lo stallo delle trattative sul prezzo, sia al centro-nord che al sud, e sollecita mediazione e responsabilità tra produttori e industria, per aiutare un settore quasi in fase di trapianti per la campagna 2022 e che normalmente già richiede alti costi di impianto e gestione, impennatisi ora, complessivamente, oltre il 50%.
In ballo, ricorda Cia, la tenuta di un comparto che nel 2021 ha riportato l’Italia al secondo posto nel mondo per produzione, dopo gli Stati Uniti e ben sopra la Cina, con 6 milioni di tonnellate di trasformato e una crescita del 17%.
“Dunque – sottolinea Cia – adesso che è tempo di mettere a dimora le piantine, il cui costo è aumentato del 30% a unità, serve una rapida quotazione delle scorte per programmare gli investimenti ed è cruciale chiudere la trattativa sul prezzo, in modo rapido e lungimirante, per tutelare la sostenibilità della filiera e la sua competitività sul mercato”.
Del resto, il dibattito sul prezzo viene da lontano. Al centro-sud, Cia aveva fatto previsioni negative già nelle prime trattative di febbraio. A pesare i prezzi troppo bassi riconosciuti agli agricoltori nel 2021, nonostante i buoni risultati (crescita del 22,3% con 2,96 milioni di tonnellate di trasformato), e le difficoltà registrate in campo tra cui l’indisponibilità dei trasportatori, questione ancora di drammatica attualità.
Gli agricoltori del centro-sud chiedono di riequilibrare la bilancia dei rapporti di forza tra agricoltori e industria, per una stagione più equa e trasparente. Oltre a un prezzo per il 2022, serve conoscere i quantitativi ancora in magazzino e sarebbe utile accelerare il coinvolgimento della Gdo nelle Oi (Organizzazioni interprofessionali) del pomodoro, non deputate alla trattativa, ma strategiche per la condivisione degli interventi a favore del settore in ottica di filiera. Si attendono interventi incisivi da parte del Governo per arginare quantomeno i rincari record dei carburanti sul piano nazionale. Altrimenti, stando ai costi di produzione in continuo aumento, agli agricoltori del centro-sud non basteranno neanche 15-20 centesimi al chilo di pomodoro (150-200 euro a tonnellata) né il riconoscimento di un sovrapprezzo pari 10 euro per le criticità.
“Al nord, con l’Emilia-Romagna che ha la più ampia superficie coltivata a pomodoro da industria, la situazione si potrebbe dire speculare”, commenta Cia. Non c’è accordo sul prezzo all’orizzonte. La proposta fatta agli agricoltori è di 100 euro a tonnellata (10 centesimi al chilo), ma non è sufficiente a coprire le spese, anche se al momento è comunque difficile stabilire un prezzo adeguato alla situazione.
In conclusione, Cia torna a ribadire quanto, anche in situazioni di instabilità e soprattutto soggette a speculazioni, sia fondamentale il rispetto dell’equità lungo la catena del valore, per la tenuta delle aziende agricole e di tutto il comparto del trasformato.
Fonte: Cia Agricoltori Italiani