25 novembre 2021

Portacontainer cinesi fuori dai radar, che fine hanno fatto?

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Il mondo logistico da qualche settimana si interroga sullo strano caso delle navi da carico cinesi, che risultano scomparse.
In realtà ci sono e sono operative, ma la maggior parte di quelle che si trovano nei porti e nelle acque territoriali cinesi non appaiono sugli schermi dei sistemi di localizzazione internazionali e, pertanto, non risultano all'appello.

Le circostanze per cui la Cina abbia deciso di spegnere i sistemi di global tracker delle sue navi sono ancora da chiarire, ma l'entrata in vigore, lo scorso primo novembre, della legge sulla protezione delle informazioni personali sembra qualcosa in più di una coincidenza. 

Un sistema internazionale per la sicurezza del trasporto marittimo

In pratica, la Cina, ha tagliato i ponti con il sistema di monitoraggio internazionale, ossia con l'Automatic identification system (Ais). Tale sistema è stato sviluppato per contribuire alla sicurezza e all'efficienza dei trasporti marittimi: permette infatti di identificare le navi e la loro posizione e pertanto è utile nella gestione del traffico, perché contribuisce a evitare collisioni tra le navi e a coordinare le operazioni di soccorso in caso di incidenti.

L’Ais, di fatto, basa il suo funzionamento sullo scambio di dati: le navi, attraverso segnali radio ad alta frequenza, inviano a un sistema centrale una serie di informazioni, tra cui la loro posizione, la rotta e la velocità. Le ricadute positive sull'efficienza della supply chain sono evidenti: il sistema permette di conoscere, real time, la situazione del traffico in prossimità dei porti, i tempi di attesa per l’attracco, la situazione circa le operazioni di carico e scarico dei container.

Per fare un esempio concreto, questo sistema si sta rivelando molto utile per monitorare la situazione di caos in cui ancora oggi versano i porti californiani. 

La Cina non manda segnali

E' da fine ottobre che la Cina si sarebbe sfilata dal sistema rendendo invisibili le proprie navi. E cioè da quanto si è iniziato a registrare un crollo dei dati: se prima i segnali inviati dalle navi in acque cinesi erano 15 milioni al giorno, da qualche settimana sono solo un milione. 

Una strana coincidenza

Il primo novembre in Cina è entrata in vigore la legge sulla protezione delle informazioni personali, la Personal information protection law (Pipl). La quale impone alle società che gestiscono dati di non trasferirli fuori dal territorio cinese prima del benestare del governo: nella legge in questione il traffico navale non è citato, ma lo spegnimento dei segnali sembra trovare risposta proprio in questo provvedimento legislativo. 

La Cina ha smesso di trasmettere con il mondo intero o si tratta di uno stop temporaneo?

Difficile dare una risposta. In ogni caso l'entrata in vigore della Pipl sta sollevando già alcune preoccupazioni per le aziende, anche italiane, che lavorano in Cina. Le conseguenze per la mancata conformità con la Pipl, infatti, potrebbero portare a sanzioni pecuniarie rilevanti e all'iscrizione della azienda in una sorta di black list del governo cinese.

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