Le premesse affinché il porto di Taranto possa tornare agli antichi splendori sembrano esserci: si parla infatti di un accordo tra la società San Cataldo Container Terminal con una grande compagnia marittima oceanica.
In altre parole, dopo un periodo di lunga assenza, il porto pugliese potrebbe tornare nelle rotazioni intercontinentali delle portacontainer.
Un hub per l'ortofutta
Il terminal container di Taranto è gestito dal 2019 in concessione dal gruppo turco Yilport con la società San Cataldo Container Terminal. Obiettivo dell'accordo, si disse a suo tempo, riavviare il traffico da e per il porto, dando particolare rilevanza alla valorizzazione dell'import/export dei prodotti ortofrutticoli.
Naturalmente i due anni di pandemia non hanno aiutato. Ma va rilevato che, negli ultimi mesi, il porto ha compiuto degli investimenti che fanno presupporre la volontà di sviluppare le attività.
Le premesse ci sono
Si è lavorato soprattutto nella direzione del potenziamento delle strutture: è stata ampliata la flotta di macchine portuali ed è stato sviluppato lo scalo ferroviario, che oggi comprende cinque fasci di binari, una gru a portale e due locomotori di manovra.
Inoltre, seppur per una breve tratta – la destinazione era Bari – è recentemente partito il primo treno container gestito da Gts Rail, il che significa che l'intermodalità, nell'hub pugliese, c'è e funziona.
La prova è superata
Oltretutto, nelle scorse settimane, il porto di Taranto ha dovuto assorbire un surplus di traffico al Malta Freeport e lo ha fatto senza che si siano verificate situazioni critiche.
Ma ora che a Malta la congestione è finita, si teme che i ritmi a Taranto, dal primo febbraio in poi, possano tornare quelli di prima, con numeri molto lontani da quelli che, nel 2019, prospettava il piano industriale di Yilport, il quale ipotizzava 200mila teu di traffico in prima battuta, per poi arrivare a circa mezzo milione una volta a pieno regime.
Gli ostacoli
A non favorire l’arrivo delle grandi portaconainer, ha fatto sapere Yilport, sarebbe anche il mancato dragaggio, da parte dell’Autorità portuale, dei fondali a una profondità di -16,5 metri. Le condizioni attuali, a quanto pare, non consentirebbero l’approdo in porto.