Come si definisce un prodotto premium? Con questa domanda a Salvo Garipoli, direttore di SGMarketing, abbiamo aperto il webinar di myfruit.it “Ortofrutta: come si diventa premium price“.
“Il marketing ci dà una formula molto chiara – ha detto Salvo Garipoli – All'interno del mondo premium si raggruppano tutti i prodotti che hanno connotati qualitativi di eccellenza, quindi riuniamo tutti quei prodotti che rappresentano la migliore qualità e, pertanto, hanno il prezzo più alto all'interno di una categoria. Al di là della definizione, premium è un termine latino che ci introduce nella logica del premio, della ricompensa; facciamo quindi riferimento a prodotti che hanno in sé un valore che va oltre il connotato qualitativo specifico. Per semplificare, quando parliamo di premium dobbiamo considerare l'ambito valoriare suddiviso in tre elementi. Il primo è oggettivo: fare premium significa andare a presidiare la filiera produttiva (si parla di territori, di condizioni di produzione di eccellenza che garantiscono rese di prodotto più elevate rispetto alla media di mercato); poi c'è un connotato relativo al fatto che il premium vive all'interno di un assortimento. Dunque, l'assortimento è un elemento che serve ad esaltarne la presenza nei punti di vendita. E sappiamo tutti che gli assortimenti variano in rapporto ai formati distributivi, alle aree presidiate dal punto di vendita. Infine, il premium ha un connotato di natura soggettiva. Parlare di premium significa parlare di esperienza di prodotto, di memorabilità. L'esperienza di consumo nell'alimentare – e in particolare nell'ortofrutta – serve a compenetrare un concetto articolato e che è funzionale alla tenuta della distintività di insegna e soprattutto della redditività del reparto e del comparto”.
Le chiavi di gestione del prodotto premium
Ma quali sono le chiavi di gestione del premium? Per rispondere a questa domanda Garipoli ha fatto riferimento a due elementi con i quali si confronta quotidianamente. “Per fare premium e gestire percorsi di premiumness che poi atterrino al consumatore finale, e non restino solo un esercizio di stile, mi appello a due responsabilità – ha spiegato il direttore di SGMarketing – La prima è di chi produce. Qualsiasi percorso di premiumness che coordiniamo non può prescindere dal tema di prodotto e tutto quello che ci sta dietro (innovazione varietale, caratteristiche distintive derivanti dalle condizioni pedoclimatiche all'interno delle quali viene realizzato, nell'ambito di tutti quegli elementi a garanzia del processo produttivo) e dal tema del coordinamento e della gestione dei processi. Posso, infatti, essere un bravissimo artigiano e vendere nel mio territorio di riferimento ma, se aspiro ad abbracciare il mercato nella sua intererezza, devo organizzare le filiere produttive in maniera utile e funzionale in termini di logistica, della relazione con il cliente (in primis con la Moderna distribuzione) e devo necessariamente crescere. Il premium diventa un tema che abbraccia uj tema di responsabilità, una responsabilità, che deve fare evolvere il tessuto produttivo e realizzare queste cose in maniera concreta”.
“Poi, però – ha aggiunto Garipoli – dall'altro lato, c'è la responsabilità di chi distribuisce, di chi vende. Da questo punto di vista, ho parlato di prodotto, ho parlato di processo e in questo caso parlerei di promozione. La Gdo, e in questo caso i luoghi di vendita, devono individuare uno spazio coerente all'interno dell'assortimento e, allo stesso modo, costruire un percorso utile affinché poi il consumatore sia in grado di intercettare questa parte di proposta assortimentale”.
Come veicolare la premiumness
“Non c'è marketing, senza consumatore finale – ha continuato Garipoli – Non c'è una comunicazione efficace senza quegli elementi attraverso i quali il consumatore può ritrovarsi in un percorso valoriale. Abbiamo ricordato come la memorabilità e la consistenza nel tempo identificano poi un rapporto fiduciario con i prodotti posizionati nella fascia di prezzo più alta rispetto alla media di mercato. Qualunque percorso di comunicazione attiviamo (e la comunicazione è una leva potentissima per arrivare e per creare una narrazione) il tema è individuare gli elementi a cui il consumatore tiene particolarmente oppure riconosce in un determinato prodotto. Quando ho iniziato questo lavoro, 15 anni fa, la logica era scoprire come il retailer inglese gestiva il premium, perché loro prima di altri hanno abbracciato questo tema. E una chiave utilizzata era affidare la selezione dei prodotti al consumatore finale. Prima di atterrare sul mercato, quindi, i consumatori vengono chiamati tramite panel test esperienziali e si identificano quelle varietà, quelle caratteristiche distintive a cui al consumatore pone particolare attenzione. Chi fa il mio mestiere impara dal consumatore le chiavi e le traduce in comunicazione utile fuori dal punto di vendita ma, soprattutto, dentro. E poi in call to action da vivere e spendere all'interno del reparto e da amplificare con la comunicazione digitale”.
“In questo percorso – ha precisato – la marca è un punto di arrivo, un connotato potente, quanto difficile da realizzare. Nel nostro mondo, abbiamo poche esperienze, ma significative che partendo dal prodotto attraverso la comunicazione hanno costruito una relazione fiduciaria in grado di durare nel tempo. Gli strumenti che ci dà il marketing sono quelli che ci permettono di diventare rilevanti all'interno di uno scaffale che con il tempo si sta eccessivamente complicando, o eccessivamente semplificando”.
Le leve della collaborazione
E, alla fine, un bilancio dell'incontro e un auspicio di collaborazione e condivisone. “Dalla discussione sono emerse alcune ulteriori conferme del fatto che fare premium non è un gioco da ragazzi. E' difficile fare premium, ma è possibile – ha osservato Garipoli – Abbiamo elencato alcuni casi di successo, e direi che – proprio in un contesto come quello che stiamo vivendo, e che ci apprestiamo a vivere – il tema della distintività, della redditività e del presidio del mercato diventano fondamentali. Non è un caso che la marca del distributore stia ancora di più approfondendo questa tematica, perché diventa un modo per attrarre e fidelizzare una quota dei clienti”.
“Il premium passa dalla visione degli imprenditori, produttori e retailer. E agli occhi lucidi dell'imprenditore che l'intuizione e che ha il movimento verso l'alto io non posso rinunciare. Questo è assolutamente un bel mestiere che è doveroso fare al meglio. Abbiamo dato diverse chiavi esperienziali, pratiche e gestionali, fuori dalla teoria, siamo entrati nel concreto e questo mi fa piacere. Ma l'elemento più importante che tendo sempre più a sottolineare è che non riusciremo a fare niente di compiuto se non attiviamo le leve della collaborazione tra chi produce e chi distribuisce. Queste chiavi di collaborazione – ha concluso Salvo Garipoli – si muovono per obiettivi chiari e condivisi che non possono dare per scontato poi chi decide il successo o insuccesso di qualsiasi prodotto, cioè il consumatore finale.