Oltre 3.000 brand e una lista di attesa di 600 aziende, più di 2.000 top buyer della grande distribuzione italiana e internazionale provenienti da Stati uniti, Germania, Spagna, Francia, Regno unito e Medio oriente, oltre a una nutrita delegazione giapponese e al ritorno della Cina dopo lo stop per la pandemia.
Sono i numeri della 22esima edizione di Cibus, la manifestazione di riferimento per il settore agroalimentare made in Italy, frutto della consolidata collaborazione tra Fiere di Parma e Federalimentare, in programma nel capoluogo emiliano dal 7 al 10 maggio e che nel 2024 si prepara a battere ogni proprio record.
Con 120mila metri quadrati di superficie espositiva distribuita su otti padiglioni delle Fiere di Parma, Cibus 2024 offrirà uno spaccato completo del settore alimentare italiano, presentando in fiera tutto il meglio dei principali settori dell’agroalimentare made in Italy: prodotti freschi, carni, salumi, dairy, piatti pronti e surgelati, oltre alla sezione grocery, con pasta, conserve e condimenti, pilastro del nostro export agroalimentare.
A presentare la nuova edizione del Salone internazionale dell’alimentazione è stato stamattina il ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, in una conferenza stampa nella sede del ministero a Roma, in via XX settembre, insieme tra gli altri al presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino, all’amministratore delegato di Fiere di Parma, Antonio Cellie e al presidente di Ice, Matteo Zoppas.
Lollobrigida: “Con Cibus affermiamo modello italiano nel mondo”
“Il made in Italy è l‘insieme delle migliori qualità che possiamo offrire. Dobbiamo raccontare al resto del mondo l’eccellenza del sistema agroalimentare italiano facendo conoscere sempre di più i nostri prodotti. – ha detto Lollobrigida – L’export rappresenta un asset primario per l’economia della nazione, per questo è fondamentale creare occasioni, in cui incontrarsi e discutere dei nuovi scenari e delle nuove strategie per il settore. Cibus, che ho avuto modo di presentare a inizio marzo in Giappone insieme al presidente dell’agenzia Ice, Matteo Zoppas e all’ambasciatore Gianluigi Benedetti, rappresenta senz’altro un momento per affermare il nostro modello alimentare come riferimento globale”.
I dati dell’export
Nel 2023 l’export, secondo i dati Istat, nonostante un leggero calo dei volumi ha registrato un valore pari a oltre 52 miliardi di euro, con un aumento del 6,6% rispetto al 2022. L’orizzonte del settore è molto incerto a livello globale per l’incertezza degli scenari internazionali, ma anche delle normative intra ed extra-Ue.
Nonostante la riduzione dei margini e del reddito disponibile, il rischio di nuovi dazi e di legislazioni iper restrittive, le aziende del settore continuano ad investire e innovare guardando con crescente attenzione alle esigenze del consumatore e del pianeta, come dimostrano le migliaia di prodotti che saranno esposti a Cibus 2024 per ridare valore a categorie messe a dura prova dalle guerre e dalla crisi climatica.
I prezzi alimentari al consumo, per fattori esogeni alle imprese – secondo i dati di Federalimentare – corrono così più dell’inflazione: una tendenza che contraddice le antiche doti calmieratrici del settore e che si evidenzia anche nei primi mesi del 2024. Nel 2023, a fronte di un’inflazione media del 5,7%, i prezzi al consumo del comparto si sono attestati al +9,8% e questi aumenti non riusciranno a coprire l’impennata dei costi di produzione. Segnali ulteriori di vulnerabilità emergono guardando anche le macro quotazioni internazionali delle materie prime agricole, che nel decennio 2014 – 2024 sono tutte cresciute a doppia cifra (fonte Banca mondiale).
Elementi che si sommano, secondo Federalimentare, alle tensioni delle importazioni cerealicole che – anche a causa del conflitto ucraino – sono ad alto rischio con evidenti conseguenze sulla volatilità dei prezzi dei prodotti che sono alla base della dieta mediterranea.
Un caso emblematico per esempio è rappresentato dall’olio extravergine di oliva, dove il raddoppio dei costi della materia prima, e quindi l’aumento esponenziale dei prezzi del prodotto finito, ha costretto un consumatore italiano su 3 ha ridurne il consumo, come ha rilevato una recente ricerca presentata in occasione del Cibus lab a Bitonto lo scorso 8 marzo.
Esempi che evidenziano nel complesso come l’industria alimentare nazionale, nonostante sia strutturalmente “ostaggio” dei trader internazionali per circa un terzo delle materie prime, continua a competere e a crescere grazie ad una straordinaria flessibilità e creatività che ha consentito ai consumatori italiani di non impoverire troppo il proprio carrello della spesa e ai distributori internazionali adattare rapidamente i propri assortimenti per non perdere troppi volumi.
Fiere di Parma: “Futuro made in Italy alimentare dipenderà da innovazione”
“Il futuro del made in Italy alimentare dipenderà dalla sua capacità di continuare ad innovare e investire restando fedele a tradizioni e territori – ha commentato Cellie – “Dall’osservatorio privilegiato di Cibus siamo molto fiduciosi rispetto alla consistenza delle nostre imprese e dei nostri prodotti. Negli ultimi anni abbiamo ulteriormente incrementato il value for money della nostra offerta che diventa sempre più interessante per le principali geografie del nostro export a tutto vantaggio della bilancia commerciale e delle varie filiere”.
In questa chiave Cibus ha promosso e realizzato un osservatorio sul settore food, che Fiere di Parma svilupperà in collaborazione con il Cersi, centro di ricerca per lo sviluppo imprenditoriale dell’università Cattolica del sacro cuore. Un monitor per offrire a imprenditori, manager e policy-makers un quadro costantemente aggiornato sull’andamento internazionale del settore food, fornendo indicazioni utili ai fini della ricerca di opportunità di sviluppo commerciale nei mercati esteri attraverso una metodologia comparata e costantemente aggiornata.
Già in occasione del salone verrà presentato in anteprima un primo nucleo di dati della ricerca volta ad analizzare i trend della competitività delle principali regioni del mondo (Europa, America, Asia).
Uno studio che vedrà la sua piena realizzazione in autunno, con l’analisi dei dati sulle esportazioni di 11 paesi chiave: Italia, Germania, Spagna, Portogallo, Polonia Belgio, Paesi Bassi, Usa, Cina, Brasile e Thailandia.
L’obiettivo è fare un assessment sulla competitività internazionale di ciascun paese, attraverso l’analisi dell’evoluzione della posizione competitiva negli ultimi cinque anni e dei principali mercati di destinazione dei prodotti alimentari.
Fonte: Federalimentare