Produrre pistacchi siciliani biologici e con elevati standard qualitativi attraverso l'utilizzo di tecniche di coltivazione ecocompatibili.
Era l'obiettivo, adesso raggiunto, del progetto Clean Pistachio “Innovazioni di prodotto e di processo in campo e in post-raccolta per la valorizzazione del pistacchio in Sicilia” (Psr Sicilia 2014/2022 - Sottomisura 16.1) che si è appena concluso dopo tre anni di lavoro.
I risultati sono stati illustrati di recente all’Università di Catania. Partner scientifico del progetto è il Dipartimento di agricoltura, ambiente e alimentazione (Di3A) che ha avuto il compito di trasferire alle aziende le conoscenze e le tecnologie innovative pensate per produrre con un ridotto impatto ambientale.
Avviato nel novembre del 2020, Clean Pistacchio ha lavorato su più linee d’azione: utilizzo di microrganismi antagonisti e promotori di crescita; uso di semiochimici sintetici; ottimizzazione delle risorse idriche, controllo delle infestanti e ottimizzazione dell’impiego dei prodotti fitosanitari; uso di nuove tecnologie per la disinfezione delle derrate in magazzino e valutazione della fattibilità economica.
Sei le aziende coinvolte nel progetto che hanno messo a disposizione circa 140 ettari di pistacchieti, di cui 40 già in regime biologico e gli altri in conversione. Tra i partner anche l’Istituto Superiore Benedetto Radice di Bronte che ha messo a disposizione cinquemila metri quadrati in cui sono state messe a dimora 150 giovani piante.
Coinvolto dunque tutto il mondo del pistacchio siciliano, da quello etneo alle realtà di Ragusa, Enna e Caltanissetta, oltre alla cooperativa Smeraldo come ente capofila.
I risultati ottenuti
“Il nostro obiettivo – spiega a myfruit.it Giancarlo Polizzi, ordinario di Patologia vegetale al Di3A e responsabile scientifico del progetto - era trasferire conoscenze a comparti che non avevano mai utilizzato determinati sistemi di contenimento. Abbiamo inserito innovazioni di processo sia su impianti preesistenti che giovanissimi, creando un protocollo strettamente biologico che è stato applicato a tutte le aziende e che ha consentito di fare fronte a una serie di problematiche fitopatologiche. Siamo molto soddisfatti dei risultati”.
La buona notizia è che i prodotti utilizzati sono già in uso su altre colture e, dunque, facilmente reperibili sul mercato, aspetto che ne garantisce l’applicazione senza elevati costi aggiuntivi.
Tra gli interventi che potrebbero rivelarsi interessanti per le aziende anche l’utilizzo della luce pulsata che si è dimostrata efficace per abbattere funghi e micotossine nel post-raccolta.
Nel tentativo di ottimizzare le risorse idriche, purtroppo sempre più scarse, il Di3A ha provato a inserire una pacciamatura sulla fila che si è dimostrata efficace soprattutto per gli impianti di nuova generazione o in quelli posti in superfici pianeggianti.
Il posizionamento di un telo plastificato su tutto il filare aveva un duplice scopo.
Da un lato, ha contrastato la diffusione delle infestanti, evitando sia lavorazioni continue del terreno, con riduzione del consumo di carburante ed energia, che l’uso di erbicidi. Dall’altro lato, ha impedito l’evapotraspirazione con il conseguente mantenimento dell’umidità del suolo.
Questo ha permesso di ridurre il consumo idrico di circa il 30%.
E il consumatore?
“Unendo tutte queste informazioni abbiamo ora la consapevolezza che siamo percorrendo la strada giusta – prosegue Polizzi – Si tratta di un risultato importante perché permette di rispondere alle esigenze del consumatore che preferisce un prodotto salubre. Il quale aumenta dunque il suo valore di mercato. E il consumatore è disposto a spendere di più, pur di avere un prodotto con valore aggiunto”.
Visti i risultati ottenuti, il gruppo di lavoro punta ora ad approfondire gli studi e le sperimentazioni con la prossima programmazione.
“C’è un grande interesse intorno al progetto. Proprio in questi giorni stiamo incontrando i rappresentanti di altre aziende che non hanno aderito, ma che ci stanno contattando: vogliamo capire quali sono le problematiche presenti e diffondere l’utilizzo della lotta biologica contro tutte malattie”.
Un progetto simile è in corso sui frutti tropicali per i quali sono stati messi in campo interventi simili.