Nella Tuscia, una delle aree a maggiore vocazione corilicola di tutta Italia, c’è chi si oppone al “Progetto Nocciola Italia” annunciato nei giorni scorsi dal colosso dolciario Ferrero. Le motivazioni di questa contrarietà sono riconducibili sostanzialmente alle potenziali ripercussioni che una produzione intensiva di questo frutto potrebbe avere a livello ambientale, sociale e finanche turistico.
Nello specifico, ad opporsi al Progetto Nocciola Italia, che mira ad aumentare di circa il 30% la produzione di nocciole del Belpaese entro il 2025, è il Biodistretto della via Amerina e delle Forre, associazione che riunisce 13 Comuni e molti agricoltori biologici. “Siamo contrari – dichiara il presidente Famiano Crucianelli – poiché questa iniziativa trasforma la nostra area in una monocultura e porterà conseguenze economiche, ambientali e sociali preoccupanti. Non possiamo consegnare l’andamento dei prezzi nelle mani delle multinazionali e non è bene alimentare certezze sui contratti con queste aziende, perché potrebbero rivelarsi amare illusioni. È grave l’uso dei pesticidi e della chimica di sintesi e del sovrasfruttamento delle risorse idriche. È vero che la nocciola rappresenta un’opportunità, ma ad alcune condizioni: occorre fermare la monocultura e favorire la biodiversità e l’agricoltura biologica e consapevole”. Per il Biodistretto è necessario che la Ferrero e le istituzioni destinino risorse per sviluppare la ricerca, per contrastare biologicamente la cimice asiatica e altre patologie, inoltre che gli incentivi pubblici ai nuovi noccioleti siano vincolati per almeno 10 anni per evitare un’espansione di coltivazioni trattate. Questi e altri temi saranno affrontati nel convegno in programma martedì 17 aprile alle 9 nella sala consigliare del municipio di Nepi (VT), organizzato dal Biodistretto.