Se il mercato continuerà ad avere questi trend, i produttori di radicchio del mesolano non copriranno i costi di produzione e andranno sicuramente in perdita. Una situazione difficile che preoccupa Cia – Agricoltori italiani Ferrara, perché riguarda una delle colture orticole più importanti del territorio e complessa da invertire perché generata dalla chiusura di alcuni sbocchi di mercato durante l’emergenza sanitaria e dall’accumulo di scorte di prodotto invernale, come spiega Giuliano Mangolini, consigliere di un’importante cooperativa del territorio, che raccoglie e lavora mediamente 30 mila quintali di radicchio ogni anno.
“Durante il lockdown – spiega Mangolini – abbiamo dovuto eliminare duemila quintali di prodotto invernale destinato alla IV gamma perché l’azienda che doveva ritirarlo è di Bergamo ed è stata chiusa a causa dell’emergenza. Nessuno ha naturalmente alcuna colpa, ma il danno alla filiera ferrarese del radicchio rimane. Anche le richieste della Gdo sono diminuite perché i consumatori preferivano prodotti più conservabili, come le patate, tanto che il radicchio e altre orticole più deperibili sono quasi sparite dai banchi dei supermercati. Il graduale ritorno alla normalità a livello di abitudini di consumo non ha coinciso una normalizzazione del mercato e della situazione commerciale, perché nei mesi scorsi abbiamo accumulato radicchio invernale e abbiamo già il nuovo prodotto estivo pronto per essere trasformato e venduto. Il risultato – conclude Mangolini – è una situazione fortemente penalizzante per la filiera e soprattutto per i produttori che conferiscono il radicchio, quotato a 0,15-0,25 euro/kg, un prezzo troppo basso perché la coltura sia remunerativa. Il minimo, infatti, per avere un ritorno a livello reddituale è di 0,40 euro, perché i costi di produzione sono elevati, soprattutto per via della manodopera“.
Difficoltà di mercato di radicchio e orticole vanno ad aggiungersi ai problemi della frutta e dei seminativi, creando notevoli problemi all’agricoltura del territorio. “Siamo consapevoli che questa situazione commerciale penalizzante per i produttori – afferma Stefano Calderoni, presidente di Cia Ferrara – è imputabile all’emergenza sanitaria. Ma il problema dei prezzi per il radicchio e le altre colture c’era anche prima, nelle annate diciamo normali. Il problema è solo uno: le colture da reddito si contano, forse, sulle dita di una mano e le orticole, che in passato avevano dato una certa sicurezza ai produttori perché richiedono investimenti e costi di produzioni elevati visto che c’è poca meccanizzazione dei processi, subiscono delle oscillazioni di prezzo veramente consistenti da una campagna all’altra. Come possiamo pensare, in questo contesto, che gli agricoltori continuino a investire e produrre, assicurando prodotti di qualità ai consumatori? Come Cia stiamo facendo pressione perché ci sia a livello interno ma anche europeo, un maggiore controllo dei prezzi e delle speculazioni di mercato. Ma i risultati ancora non arrivano e anche quest’anno, sul territorio, rischiamo di ritrovarci con molte colture non remunerative, a partire dalle orticole, per continuare con le pere già colpite dalla cimice, ai seminativi che probabilmente avranno performance qualitative non eccezionali. E finché il settore agricolo non diventerà una priorità di chi ci governa, non riusciremo a uscire davvero dalla crisi e a tornare a fare reddito con i nostri prodotti d’eccellenza“.