E' allarme prezzi per il Radicchio di Chioggia Igp. E la colpa non è (solo) dell'emergenza coronavirus. “Il costo di produzione dei radicchi è di circa 0,70 euro il chilo, ma in questi giorni il produttore ne spunta non più di 0,25. Se poi si aggiungono lavorazione e trasporto, al commerciante costa in tutto 0,60 euro il chilo e il consumatore lo trova al supermercato intorno ai 2 euro il chilo. Un prezzo comunque non esorbitante, se si pensa alla qualità del prodotto”, spiega Giuseppe Boscolo Palo, presidente del Consorzio del Radicchio di Chioggia Igp e del Mercato Ortofrutticolo di Chioggia, che continua: “Si tratta di un fenomeno speculativo che avviene da anni. I commercianti in gennaio e febbraio stoccano il prodotto invernale per soddisfare la fornitura di marzo sapendo che dai primi di aprile arriva la produzione di Chioggia. Forse ne hanno conservato un po' troppo”.
Ma non è solo questione di prezzi. In piena emergenza sanitaria, con i canali Horeca bloccati, le esportazioni ridotte (vedi Slovenia e in Austria), anche i consumi sono dimezzati. Si parla di una domanda di circa 60 tonnellate al giorno contro una media, nello stesso periodo delle annate precedenti, di 300 tonnellate.
“A rischio c'è la sostenibilità del comparto – osserva il presidente Boscolo Palo – Ma l'annosa questione è solo stata amplificata dall'emergenza Covid. Da tempo sostengo che bisogna rivedere le modalità di rapporti tra i vari soggetti della filiera, partendo dalle aziende agricole. Perché il sistema organizzato dovrebbe prevalere sul singolo. A mio avviso due aspetti sono fondamentali, intanto l'aggregazione, che da noi in Veneto è ferma al 30%. In secondo luogo, tutti i produttori, meglio se aggregati appunto, dovrebbero gestire radicchi a marchio. Infatti, dei 2,5 milioni di radicchi prodotti in Italia, il 60% è raccolto in Veneto; nell'area di Chioggia Igp se ne ipotizzano 450-500mila e, se questi arrivassero sugli scaffali, la signora Maria avrebbe un terzo di possibilità di incrociare il vero Radicchio di Chioggia, prodotto da seme autoctono. Allora sì che il nostro lavoro sarebbe riconosciuto!”.
Insomma, niente aggregazione, niente valorizzazione. E prezzi decisamente inferiori ai costi di produzione: “La media dei prezzi spuntati nel 2019 è stata di 0,33 euro il chilo. A conferma che il problema non è il coronavirus”, conclude Boscolo Palo.