Non è la prima volta che lo scenario relativo ai consumi, in particolare quelli alimentari, che emerge dalla presentazione del Rapporto Coop, restituisca prospettive che preannunciano sia un cambio di paradigma, così come una conferma di tendenze diventate strutturali.
Anche questa edizione, la 25esima, presentata come di consueto in anteprima e nella sua versione più corta a Milano, la possiamo probabilmente derubricare all’interno di quelle che segnano l’inizio di un nuovo periodo nel quale, soprattutto il retail, dovrà avere il coraggio di fare scelte in linea con una domanda che muta e sta mutando.
Il risparmio è un imperativo
Il 75% degli italiani mette al primo posto il risparmio come principale criterio di scelta dei consumi. Non stupisce, visto il periodo attuale molto incerto sul piano politico internazionale con due guerre molto delicate e le elezioni più importanti del pianeta, ovvero quelle statunitensi, alle porte, e con gli effetti del calo dell’inflazione che non sono ancora così evidenti nei prezzi al consumo.
Eppure qualche spiraglio di ottimismo emerge dal Rapporto: il Pil globale cresce del 3,2%, meglio delle previsioni, quello italiano sale dello 0,7% e il potere di acquisto sembra tornato a livelli pre-pandemici. Le difficoltà, però, per ampi settori della società non mancano: i redditi, per esempio, sono cresciuti solo in alcuni settori, come costruzioni e immobiliare, e calati in altri, come sanità e istruzione.
Questo si traduce in una classica polarizzazione che vede pochi privilegiati guardare all’edonismo e al lusso e una classe media sempre più attenta a risparmiare su abbagliamento, auto e persino sui prodotti tecnologici, tanto da far vacillare l’inossidabile amore per gli smartphone con quasi un milione di pezzi in meno venduti rispetto all’anno scorso.
Italiani, un popolo a dieta
A questo scenario complessivo, fa da contraltare la spasmodica ricerca del benessere, che si traduce nel culto del corpo e nella ricerca di un’alimentazione sempre più salutista. Due aspetti che non sempre vanno a braccetto con l’esigenza di risparmio appena emersa però.
Qualche esempio? Gli italiani spendono 350 euro di media all’anno per cure estetiche tanto che la variazione di vendite di prodotti cosmetici quest’anno è doppia rispetto al 2019 con una crescita del +29%. 8,6 milioni di italiani assumono, o sono interessati a farlo, farmaci per dimagrire e sostanzialmente siamo ormai diventati un popolo a dieta (in tutte le mille varianti esistenti in questo momento) e che (per fortuna) fa sport.
Bene free from, rich-in e (nuovamente) il biologico
Ad avvantaggiarsi del culto del benessere e del salutismo, ma non è una novità, sono le vendite di prodotti vegan e plant-based (+11,8%), quelli generalmente definiti salutistici (+7,9%), free from come i senza glutine (+5,9%) o senza lattosio (+2,4%) e ovviamente quelli che promettono benessere (+4,2%).
Tutte categorie che, insieme anche ad alcuni prodotti rich-in (proteici e ricchi di fibra), sono a dire il vere ormai da anni diventate strutturali e non più semplici tendenze.
Il biologico, in questo contesto, sembra aver rialzato la testa dopo qualche anno di flessione e stasi: se l’anno scorso le vendite erano cresciute del 9% rispetto al 2022 - il comparto vale in totale 5,6 miliardi di euro – anche i dati progressivi del 2024 a luglio sono complessivamente positivi: +3,7 a valore e +3% a volume, con performance che salgono al 6% a valore e 7% a volume nel caso dei discount.
Tra le conseguenze di questa ossessione nei confronti del salutismo, rientra anche la propensione ad acquistare meno carne, rossa soprattutto, afferma l’indagine del Rapporto Coop, dovuta anche a motivazioni ambientali: il 45% dei manager del settore food & beverage sostengono che in generale il cambiamento climatico provocherà la riduzione di alimenti ad alta intensità energetica, come appunto la carne.
Qualche segnale confortante anche per l’ortofrutta
Infine, una parentesi sui prodotti Mdd e le vendite in generale nel retail. Nel primo semestre 2024, il volume dei prodotti a marchio è salito al 38,2%, considerando anche i discount, con un incremento sia a valore (+2,2%) che a volume (+2,4%), segno che riescono a intercettare meglio le richieste da parte dei consumatori, a partire da quelle veicolate da un maggior risparmio.
In generale, i consumi sono timidamente ricominciati a crescere a volume nel largo consumo confezionato (+0,9%) non succedeva da 4 anni. Nei freschi l’unica categoria in terreno positivo anche a volume è l’ortofrutta: +0,7%. Niente di straordinario, ma un segnale che fa ben sperare.