31 ottobre 2018

Reparto ortofrutta, serve un “Food Consultant”

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Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo VéGé e presidente di ADM (Associazione Distribuzione Moderna) ha le idee molto chiare quando pensa al punto vendita del futuro.

«Sarà sempre più polarizzato. Ci saranno negozi dove l’unico valore aggiunto è il prezzo, dall'altro ci saranno punti vendita dove le parole chiave saranno altre e dove giocheranno un ruolo fondamentale il personale, la sostenibilità e la centralità del fresco, a partire dal reparto ortofrutta».

Servono consulenti, serve più formazione interna

Se prima saper caricare uno scaffale era uno dei requisiti primari per chi lavorava all'interno di un punto vendita della distribuzione moderna, oggi, e sempre più nel prossimo futuro, non sarà più sufficiente.

«Bisogna saper ascoltare e parlare con il cliente – ci spiega Santambrogio -. La digitalizzazione porterà alcune persone nel punto vendita a non dover più svolgere determinati lavori che saranno automatizzati. Questo significa che il personale dovrà diventare un food consultant o un health consultant a seconda dei casi». È un cambio strutturale, di paradigma, quello che secondo Santambrogio investirà il punto vendita e senza il quale inevitabilmente si perderanno performance e clienti. «Meno mansioni tecniche e più competenze nella preparazione della merce, anche perché il visual merchandising nel fresco è fondamentale, e poi più competenze sul prodotto». Se non ci sarà questo cambiamento il cliente andrà necessariamente sempre più on line.

Quindi, nessuna paura per il modello Amazon Go e il supermercato senza casse? «Amazon Go ha più personale! Toglie il ruolo dei cassieri e dedica più personale ai clienti». Non è un caso, secondo Santambrogio, che molte aziende commerciali si stiano concentrando nell'ideare delle vere e proprie accademie per formare i propri dipendenti. «Da un insegnamento di processo, come avveniva un tempo, aspetto necessario ma che si dà per scontato, ora bisogna puntare alla relazione e alla cultura del prodotto». 

Ed un reparto nel quale c'è molto da fare da questo punto di vista è sicuramente quello ortofrutta. “Spesso, in questo momento, il cliente nel reparto ortofrutta è abbandonato a se stesso, sostanzialmente rischia di guardare solo le promozioni. Ci sono poche spiegazioni sul prodotto e non c’è quasi mai nessuno a cui chiedere informazioni e consigli. Ma non è questo il futuro, né del punto vendita, né del reparto ortofrutta”.

Meno secco e più fresco

E a proposito di reparto ortofrutta e della sua centralità, un po' come ci ha detto anche il professor Tirelli, anche Santambrogio non ha dubbi. Anzi. «In futuro il punto vendita dovrà avere un 80% di fresco e un 20% di secco». Uno sbilanciamento deciso, ma che secondo il presidente di ADM non è esagerato. «Nel prossimo futuro l'allargamento della profondità dei prodotti dei reparti freschi e freschissimi a scapito delle referenze nel secco è inevitabile, perché in un’ottica di medio periodo realmente comprerò questi ultimi facendo dumping sulle diverse piattaforme degli e-tailer puri».

«Altri prodotti, invece, continueranno ad essere comprati nel punto vendita. Ecco perché il negozio dovrà essere bello e accogliente. Se gestito bene, con questo modello, aumenti anche i margini. Quel 20% di secco “riesploderà” on-line, dove avrà un assortimento maggiore. Quindi il Ce.di classico continuerà a rimanere sempre importante, ma il punto vendita in sé sarà soprattutto una vetrina del fresco insieme a qualcos'altro».

La sostenibilità è sempre più un valore per i clienti

«Una volta il cliente diceva di voler spendere di più per comprare un prodotto più sostenibile, ma non era in realtà vero. Oggi però le cose stanno cambiando e in futuro ci saranno sempre più persone che sceglieranno dei prodotti a marchio del distributore o di marca o addirittura proprio il punto vendita in base al fattore sostenibilità».

È un concetto complesso quello della sostenibilità perché coniuga insieme aspetti che riguardano sfere differenti, da quella ambientale, sicuramente la più facile da comunicare e far percepire, a quella sociale ed economica. «È vero, infatti bisogna saper spiegare al cliente perché sei sostenibile. Solo in questo caso puoi diminuire gli imballaggi di plastica e far sì che il negozio diventi anche un luogo di educazione e accoglienza, una location nella quale ritrovo i miei stessi valori. Entrare in un punto di vendita di un’insegna affine a quello che penso anche io è quello che il cliente cerca». Però ci vuole coerenza, sempre. «Non posso parlare di sostenibilità se poi faccio le aste al doppio ribasso».

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