13 marzo 2024

Se l’intelligenza artificiale prende il posto della chimica

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La chimica in campo non è la soluzione. A dirlo è One Crop Health, una ricerca messa a punto dall’Università di Copenhagen, dall’Università di Aarhus (Danimarca) e dal Rothamsted Research (Regno Unito) la quale suggerisce di combattere infestanti, insetti e malattie con l’integrazione di diverse tecnologie tra cui il monitoraggio basato sull’intelligenza artificiale e la robotica.

“Il progetto One Crop Health integra gli ultimi progressi nel campo dell’agrotecnologia, della biotecnologia, dell’ecologia e dei big-data per ridurre la dipendenza dalla chimica degli agroecosistemi – si legge nell’abstract della ricerca – Basandosi sul concetto one health in materia di salute umana, il programma di ricerca internazionale pone la salute delle colture, quella del suolo e dell’agroecosistema come base per progettare sistemi di protezione delle colture più sostenibili”.

A finanziare lo studio è Novo Nordisk Foundation, che ha messo a disposizione 60 milioni di corone danesi (circa otto milioni di euro) in sei anni.

Lo scenario

Lo scenario di riferimento da cui prende spunto il progetto è noto agli addetti ai lavori: a causa di erbe infestanti, malattie e parassiti ogni anno il 30% dei raccolti globali viene perso. Inoltre, secondo i dati della Fao (Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura), la popolazione mondiale è destinata a crescere, tanto che si calcola che entro il 2050 sarà necessario il 60% di cibo in più rispetto a oggi.

L’uso della chimica per aumentare le rese, però, ha la controindicazione dell’impatto ambientale. E pertanto l’Unione europea ha posto l’obiettivo di ridurre i pesticidi del 50% entro il 2030, con il rischio che possa ridursi anche la produttività delle coltivazioni.

Il progetto  One Crop Health vuole contrastare proprio questo pericolo, dimostrando che diminuendo l’uso della chimica è possibile mantenere colture sane e redditizie, nonché rese alte. 

La visione olistica della ricerca

Il progetto si basa infatti sulla visione olistica del concetto one health: persone sane in un ambiente sano hanno meno probabilità di ammalarsi e di conseguenza hanno meno bisogno di cure. Allo stesso modo, piante che crescono in terreni e in in ambienti sani hanno meno bisogno di essere curate con i fitofarmaci.

In altre parole, grazie a soluzioni digitali per il rilevamento e la previsione di malattie e infestazioni, le cure possono essere più tempestive, più precise, meno impattanti.

Il ruolo di digital twin, robot e droni

Dunque i ricercatori che stanno lavorando al progetto ritengono che con ecosistemi sani si riduca la presenza di erbe infestanti, parassiti e malattie: le sostanze chimiche, colpevoli di inquinare, devono quindi lasciare il posto alle difese naturali e a quelle tecnologiche.
Quanto a queste ultime, il monitoraggio e la modellazione basati sull’intelligenza artificiale possono aiutare a capire dove e quando i parassiti devono essere controllati e in che modo: anziché irrorare intere colture i droni possono indicare, con precisione, dove esiste un problema permettendo così interventi mirati.

Se il controllo non fosse sufficiente, si possono mettere in campo nuove soluzioni come i biopesticidi.

Infine, il potere del dato. Il progetto prevede infatti una collaborazione interdisciplinare con esperti di informatica che, basandosi sulle informazioni rilevate dai droni, potranno creare digital twin dei campi. Il che permetterà di prevedere come si comportano le colture e dunque individuare in anticipo i potenziali problemi e le relative soluzioni.

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