31 agosto 2020

Sedano: produzione al macero nella provincia di Foggia

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Tempi difficili per i produttori di sedano. Accade soprattutto in provincia di Foggia, dove in diversi campi questo ortaggio viene lasciato macerare, per evitare ulteriori costi. “Ai nostri agricoltori non resta che trinciare le piante – spiega Pietro Piccioni, delegato confederale di Coldiretti Foggia – perché non possono sostenere anche gli ulteriori costi della raccolta. Il mercato è fermo, la domanda non c’è e anche la grande distribuzione, nonostante ci siano contratti stipulati precedentemente, sta ritirando quantitativi di prodotto inferiori rispetto a quanto pattuito. A pesare ulteriormente è la situazione climatica avversa, che ha inciso pesantemente, con maggiori costi a carico delle aziende. Accade anche sul pomodoro”.

Coldiretti Puglia aggiunge poi in una nota: “Evidenti sono le ripercussioni sul fronte del lavoro, con la perdita di giornate degli operai che non raccoglieranno il prodotto, quando solo Foggia assorbe il 27% del totale regionale delle giornate di lavoro necessarie al settore. I consumi alimentari dei pugliesi fanno segnare un calo del 10% nel 2020 per effetto del crollo del canale della ristorazione, che non viene compensato dal leggero aumento della spesa domestica… A pesare – prosegue Coldiretti – è stata la chiusura durante il lockdown della ristorazione, per la quale rimane una situazione di sofferenza per le difficoltà economiche, lo smart working, la diffidenza dei consumatori e le difficoltà del turismo, soprattutto straniero, che rappresenta una fetta importante della clientela.

“È fondamentale garantire la stabilità del mercato e dei prezzi lungo tutta la filiera – conclude Piccioni – rivedendo l’organizzazione commerciale dal campo alla tavola, per bloccare ogni tentativo di speculazione a danno dei consumatori e degli agricoltori, che devono poter continuare a produrre per difendere la sovranità alimentare del Paese in un momento di grandi tensioni internazionali sugli scambi commerciali. Le quotazioni riconosciute ai produttori in molti settori non coprono più neanche i costi e mettono a rischio il sistema agroalimentare”.

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